X Fragile - Il Filo di Arianna
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I messaggi trasversali

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Messaggio  Admin Mer Mar 17, 2010 2:01 am

Seguono i messaggi trasversali: quelli cioè che il Professor Cuomo ha ritenuto interessanti per tutte le famiglie implicate in primo piano nella ricerca e per tutti gli operatori-amici. Sono i messaggi che contengono quei concetti adattabili ai vari contesti.
I messaggi che vengono fatti circolare vanno letti con profonda attenzione in quanto sono i riferimenti originali che man mano vanno a costruire, nella azione di ricerca-formazione, quel patrimonio di base su cui evolvere la ricerca.

29 luglio 2009- IL FILO DI ARIANNA-

Gentilissime famiglie implicate in primo piano nella ricerca e loro operatrici,
si sottolinea che le attività che stiamo dando per spunti non hanno assolutamente e non devono avere il tono né creare le atmosfere della didattica, dell’insegnare. Bisogna allontanarsi dal far sentire odore di scuola o di contesto aula.
Le attività in una dimensione totalmente differente da quella del dopo scuola o della lezione in tutti i modi propongono un potenziamento cognitivo. Un potenziamento cognitivo che vuol incidere nell’architettura e nell’organizzazione dei potenziali di sviluppo della mente del bambino.
Si sottolinea che le attività devono essere delle occasioni e devono mantenere un'atmosfera accattivante in una relazione con l’adulto fatto di intesa, di complicità,… un sapore quasi di segreto preparatorio a sorprese. Alberto sicuramente non è in grado di prevedere ed anticipare il futuro se lo si presenta in un'organizzazione logica. I concatenamenti logici, i passi consequenziali sono il suo problema che noi dobbiamo superare dandogli gli strumenti e le strategie per acquisire tale competenze: noi dobbiamo fornirgli il “filo di Arianna”(altrimenti constateremo quanto già sappiamo e cioè che: Alberto ha dei problemi). Dobbiamo quindi evitare un approccio scolasticistico, produrre una condizione in cui il bambino preveda, interessarlo, implicarlo e nello stesso fornirgli quella architettura cognitiva che gli permetterà di comprendere ed impadronirsi dei concatenamenti logico-conseguenziali.
Un'impresa non facile se ci mettiamo nell’ottica del maestro ma che diventa più facile se ci mettiamo nell’ottica dell’amico.
- Il maestro è colui che conosce molte cose e te le dice in modo che tu le impari.
+ L’amico è un simpaticone (è per questo che lo ritengo amico) che sa molte cose e che le fa.
- Il maestro insegna e verifica.
+ L’amico fa per il piacere di fare e guardandolo, guardando come si diverte mi fa venir voglia di fare anche a me.
Non sto a descrivere come un maestro presenta il come e perché fare una macedonia perché penso che sarebbe molto noioso leggerlo. Ma voglio tratteggiare come lo farebbe un amico simpatico e sono sicuro che voi lo sappiate fare meglio di me in quanto si sa che i ricercatori universitari sono pesanti, noiosi, ripetitivi, puntigliosi, … non certo amici simpatici.
Un amico vuol preparare una macedonia, una spaghettata, una pizza,… per fare una sorpresa a qualcuno. Una sorpresa divertente, piacevole in modo da passare dei bei momenti insieme.
Alberto mentre si perderebbe nel labirinto del maestro in una costruzione logica del processo e quindi gli sarebbe difficile prevedere le mosse e le concatenazioni future (anche, lo sottolineo, perché è uno dei problemi che comporta la x fragile) gli sarebbe estremamente chiaro e quindi prevedibile il sapere che si vuol fare una bella sorpresa per far star bene gli amici e per trascorrere una serena ed allegra serata. Una previsione globale che si appella alle emozioni, ai sentimenti, una previsione a tutti gli effetti non una confusione di tanti passaggi ed azioni che porteranno ad un prodotto finale, in questo caso la macedonia.
Una macedonia che rischia di avere il sapore di un problema di matematica.
L’amico non è come il maestro che dice ora ti insegno a fare una buona macedonia, a lui non interessa insegnare a lui piace la compagnia e quindi preferisce implicare, coinvolgere, affascinare,… Per affascinare non userà degli schemi organizzativi logici ma delle modalità seduttive, accattivanti, di intesa intima. Il gatto e la volpe erano amici che portavano al paese dei balocchi.
Nel nostro caso il gatto e la volpe usano il loro saper attrarre ed affascinare non per condurre verso un paese dei balocchi ingannatore ma verso quel paese dei balocchi che è il conoscere, il sapere, il comprendere, il comunicare, il ricordare, il progettare, il prevedere,… l’essere autonomi ed indipendenti.
L’amico dice: “voglio fare una bella sorpresa a dei miei carissimi amici che voglio bene, voglio che ci divertiamo e siccome oggi è caldo mi è venuta l’idea di preparare una buona e fresca macedonia con tanti buoni sapori, profumi e deliziosa frutta. Meno male che ci sei tu che mi aiuti.
L’amico non chiede:”vuoi aiutarmi?...Ti andrebbe di venire con me…?”.
L’amico è quello che passa da casa alle cinque del mattino e ti butta giù dal letto per andare a pescare insieme, per andare a funghi. L’amico è un po rompiscatole in quanto ci sveglia prestissimo ma dopo che ci ha buttato giù dal letto, dopo essere andati a pesca con lui, scopriamo che ha fatto benissimo e che abbiamo trascorso una splendida giornata grazie a lui.
Mentre ci buttava giù dal letto ci sentivamo invasi ma alla fine della giornata siamo stati felici di quella levataccia. Chi lo poteva prevedere!
L’aveva previsto lui, l’amico in quanto il suo piacere di vederci felici ci ha invasi e ci ha resi veramente felici. Chi poteva prevederlo!
Solo l’amico!
L’amico non dice compreremo pere conosci le pere?
Compreremo mele conosci le mele?
Compreremo banane conosci le banane?
Compreremo due pere sai quante sono due pere?
Compreremo tre albicocche sai quante sono tre albicocche?

Non confondiamoci chi parla in quel modo è un amico da perdere.
L’amico parla di bella fruta saporita, colorata e profumata. Non parla subito di quantità, di conoscenza di nomi, di colori, di grandezze,… quell’amico non ci vuol trascinare in una bella avventura ma vuol far vedere che lui conosce e noi no.
Poi quando saremo dal fruttivendolo dirà:
Belle queste ciliegie prendiamo più cigliege che albicocche sono belle rosse mi attirano (posso assaggiarne una chiede al fruttivendolo).
Belle rosee cigliege, Piccole e verdi perine, grandi e profumate banane,…
Dice l’amico: “sicuramente i miei amici si leccheranno i baffi!”

I concetti di molto e poco, di grandi e piccoli, i colori,… sono presentati dall’amico in modo totalmente differente da come presenta le stesse cose il maestro.
Si va a casa e l’amico pepara una macedonia e noi lo guardiamo.
L’amico mentre prepara la macedonia canticchiando:
“… ora taglio le banane come tante ruotine,… tac una, tac l’altra, tac, tac, tac,…; ora taglio le pere ma un momento, queste le devo prima lavare e sbucciare,… laviam, laviam, laviam…”

L’amico canticchiando fa una radiocronaca di tutto ciò che fa.
Al termine porta via la macedonia lasciandone una coppetta ad Alberto in modo da farla assaggiare a lui ed ai genitori. I genitori l’assaggeranno e chiederanno la ricetta in quanto è stata molto buona ma era poca.
I genitori diranno ad Alberto: “che buona questa macedonia dovrai chiedere allamico di darci la sua ricetta la prossima volta che viene.”.
La prossima volta Alberto saprà il percorso principalmente sul piano emozionale in quando prevedrà il dove si andrà a finire: si andrà a finire in una situazione gradevolissima, si mangerà un prodotto che ha un percorso. Successivamente riconoscerà il percorso in quanto lo si rifarà e questa volta per i propri genitori e con la partecipazione più diretta del bambino.
La ricetta potrà essere fotografata e: “Attività semplici apparentemente come preparare una macedonia, fotografate, possono divenire itinerari per far evolvere il progetto "album".
Preparare una macedonia per la nonna o la zia o il papà può essere una attività che va a sollecitare i potenziali cognitivi si Alberto.
In un progetto semplice come il preparare una macedonia ritroviamo manualità (lavare la frutta, sbucciarla, tagliarla a pezzettini); competenze logiche e di insiemistica (l'insieme dei pezzi delle banane sono rotondi e gialli, quelli della mela sono bianchi ed irregolari, quelli della pera sono lunghi, delle arance rossi e triangolari, ...).
Colori, grandezze, forme, quantità, insiemistica, ..., nel preparare la macedonia al papà che ha un significato forte affettivamente.
La macedonia la mangeranno tutti e vi sarà un riconoscimento evidente della bravura di Alberto che sarà gratificato dai fatti.
Il progetto "Macedonia" ci porta a riflettere su quante opportunità per gli apprendimenti presenta una casa ed in special modo la cucina.
La pista del "prepariamo delle sorprese" potrebbe portare a organizzare, una volta la settimana, una sorpresa preparata dal cuoco Alberto. Il creare un clima di attesa periodica per la ricetta di Alberto, propone per il bambino sentirsi desiderato, sentirsi utile e oltre la macedonia potrebbe preparare una torta, una pizza, ... Le abilità cognitive, manuali, estetiche, logiche, ..., le occasioni di sviluppo linguistico che le attività di cucina comportano, sono interessanti in quanto propongono sollecitazioni nell'"area di sviluppo potenziale". Con il progetto "Macedonia" l'album si può trasformare in un ricettario e Alberto potrebbe, su fogli di cartoncino, incollare le foto dell'itinerario di preparazione. Prima ho lavato la frutta, successivamente l'ho sbucciata, ..., anche le quantità possono rientrare come esperienza: due cucchiai di zucchero, quattro bicchieri di farina, un cucchiaino di sale, ...
Ogni ricetta potrebbe avere, oltre che l'itinerario di preparazione, una lista fotografata o disegnata (scritta, anche se per ora non è la scrittura e la lettura l'obiettivo principale) degli ingredienti e delle dosi. I colori che il bambino ha imparato possono incominciare a prendere significato organizzando album di diverso colore ed attribuendo ai colori l'indicazione del contenuto: l'album rosso delle passeggiate, quello giallo delle scenette, quello verde delle ricette, ...”.
Quelli che vi inviamo sono spunti bisognerà che siano contestualizzati in relazione alla originalità del bambino e della famiglia.
E’ indispensabile documentare tramite video come si era preparata la macedonia prima dei suggerimenti e dopo i suggerimenti.
Questo prima e dopo servirà moltissimo per riflettere insieme a settembre e sarà di grande utilità per tutte le famiglie. Ci raccomandiamo quindi di videoregistrare il prima dei consigli e il dopo.
Buon lavoro.
Nicola Cuomo
Alice Imola

11 agosto 2009
il Professor Nicola Cuomo scrive alla mamma di Alberto:


Gentilissima signora,

anche lei, come altre famiglie, mi sta inviando ottime notizie pertanto sono molto contento che le ipotesi per porre le basi teoretiche, metodologiche ed operative alla ricerca-formazione-azione che inizieremo da settembre (secondo il calendario e le modalità concordate in relazione anche alla Convenzione tra la Associazione Italiana x-fragile e l'Università di Bologna)
Le ipotesi stanno offrendo orientamenti operativi che per ora stanno dando risultati pienamente soddisfacenti(lo sottolineo in particolare per offrire ipotesi di base che hanno quella consistenza indispensabile per
il procedere ed evolversi della ricerca).
Anche da Roma il Collega Albertini mi ha sottolineato che l'ipotesi del "filo di Arianna" è congruente alle osservazioni e valutazioni effettuate sui primi quattrocasi presso la S. Raffaele.

Sono inoltre anche molto soddisfatto di come lei sta svolgendo il diario e gli appunti in quanto sono semplici e molto significativi. Per tali motivi farò circolare i suoi ultimi appunti in modo che possano risultare di utile confronto e spunto per i genitori che partecipano in primo piano alla ricerca.

UNA RACCOMANDAZIONE

Una raccomandazione che le chiedo (per non perdere il prezioso suo lavoro)ramificata in due settori strettamente legati tra loro ed importanti:

1 - attribuire i passi avanti di Alberto ed i suoi progressi a quali delle ipotesi operative e/o piste di lavoro consigliate nelle mie lettere-relazioni e/o incontri e/o e-mail nell'ambito dei presupposti che connotano una modalità relazionale e pratica al "filo di Arianna"; quali azioni operative hanno e stanno contribbuendo al determinare quei concatenamenti che strutturano l'esperienza in modo chiaramente e sensatamente legate tra loro in modo da rislutare utili per il potenziamento cognitivo ed affettivo del bambino: per la sua memoria, attenzione, capacità organizzativa, decisionale, per le autonomie, lo stare alle regole l'utilizzo dell'esperienza per poter essere trasferita in settori diversi,orientamento nello spazio e nel tempo,...
Quali sono stati i suggerimenti che hanno trovato coincidenza con quanto prima da voi già messo in atto con risultati positivi e quali quelli innovativi che immessi nella ipotesi di base del "filo di Arianna" stanno risultando provocatori di potenzialità in una organizzazione dell'esperienza come in un romanzo, una narrazione emozionalmente forte e esplicitamente affettiva(in particolare nella disponibilità di apprendere, comunicare, fare ed essere sempre più collaborativo, sia con iniziative proprie che estendendo le competenze comunicative , con un potenziamento nella comprensione nelle nuove e differenti situazioni, dei contesti - oltre che gli apprendimenti più nozionistici che ha evidenziato, rafforzato o che ora utilizza pienamente rispetto a prima).

LE SOTTOLINEO CHE DOVREBBE EVIDENZIARE PER PUNTI CHIAVE CIO' CHE LEI CONSTATA ANCHE INTUITIVAMENTE. NON LE RICHIEDO UNA ANALISI SCIENTIFICA MA INTUITIVA IN QUANTO DOBBIAMO VALUTARE GLOBALMENTE DEGLI ORIENTAMENTI. PERTANTO NON E' NECESSARIO CHE QUANTO CI DIRA' SIA SCIENTIFICAMENTE PROVATO LE SI RICHIEDE UNA SUA OPINIONE PERSONALE INTUITIVA, ISTINTIVA ANCHE SE SUPPORTATA DALLE SUE CONSTATAZIONI.

2 documentare il prima e il dopo attraverso video.Tale documentazione risulta preziosissima in quanto ci permette di individuare originalità cognitive di ciascun bambino e di individuare quali sono quegli eventi, quelle tattiche, quelle strategie e strumenti mediatori i più adatti alla originalità di un determinato bambino con x-fragile. La documentazione del prima e del dopo inoltre risulterà estremamente utile anche ai colleghi delle aree Neuroscientifiche e della Psicologia Clinica. Una documentazione quella audiovisiva indispensabile per ricercare quelle opportunità "su misura" per ciascun bambino e quelle caratteristiche, se vi sono, tipiche della x-fragile.

Concludo augurandole buon proseguimento dell'estate e rimango in attesa della preziosa documentazione che le ho richiesto.

Nicola Cuomo.

La mamma di Alberto scrive la LETTERA-RELAZIONE richiesta dal professor Cuomo:


Vedendo tutti questi cambiamenti, anch’io mi sono chiesta che cosa potesse averli determinati; è difficile rispondere, ma qualche ipotesi me la sono fatta.

- Credo che essi siano la risultante di un processo che è iniziato già da alcuni anni. Infatti, da sempre abbiamo cercato di considerare Alberto, principalmente come un bambino e non come un’entità astratta. Pur consapevoli delle sue difficoltà, abbiamo cercato di andare oltre la sindrome: gli abbiamo affidato compiti, gli abbiamo chiesto una mano, lo abbiamo ripreso quando non si è comportato bene cercando di spiegare il perché, gli abbiamo dato fiducia…
Naturalmente non è stato per niente facile e, spesso, il batticuore e l’ansia ce li abbiamo avuti anche noi, ma credo che sia stato fondamentale per la conquista dell’autonomia e per la sua autostima.

- Credo sia stato fondamentale coinvolgere il più possibile la comunità, il mettere da parte orgoglio, timidezza…e chiedere aiuto e collaborazione a chi poteva darcelo: genitori dei bambini compagni di scuola, insegnanti, terapisti, amici, strutture e associazioni locali, altri genitori con bambini diversamente abili…. Cercando di spiegare le cose come erano veramente.

- Altro elemento fondamentale è stata, a mio parere, la profonda convinzione che una vera integrazione e socializzazione nasce da una costante frequentazione dei bambini normodotati con i loro compagni diversamente abili. Infatti solo l’affetto, l’amicizia…che nascono da tale frequentazione può far si che la diversità diventi “una cosa normale” e non un qualcosa che spaventa e che non si capisce. Tale frequentazione però non deve essere un obbligo (cavoli ho in classe questo bambino e lo devo sopportare!), ma un piacere che nasce dal cuore (io voglio bene ad Alberto, per cui sto volentieri con lui). L’idea di dover pagare qualcuno, un giorno, perché fingesse di essere amico di mio figlio, mi inorridiva!
Allora ho fondato l’associazione di volontariato “L’isola che non c’è” e, rispolverando le mie competenze di ex insegnante, dando sfogo alla fantasia e rimboccando le maniche, ho organizzato feste, laboratori, campi estivi…..Naturalmente sono stata fortunata, perché ho trovato tante persone meravigliose che mi hanno aiutato.
Ho anche scritto una favola per presentare Alberto ai compagni che lo hanno accettato benissimo, gli vogliono un gran bene, lo aiutano, lo difendono e lo invitano ai compleanni.
Naturalmente il fatto che ci fossi anch’io tra gli operatori dei vari laboratori, alcune volte, è stato un ostacolo in più per Alberto, ma da una parte si doveva pur cominciare!
Comunque, sono convinta che lo stare insieme ai ragazzi, il vivere con loro esperienze di vario tipo lo abbiano aiutato a vincere, almeno in parte, le sue ansie e lo abbiano reso più sicuro.
I momenti di scoramento sono stati molti, poiché, spesso, il suo comportamento (rifiutava di stare con gli altri o di fare alcune attività…) mi faceva pensare che era tutto sbagliato, ma, poi, accadeva qualcosa che mi ridava forza. Un sabato, ad esempio, non abbiamo fatto il laboratorio e lui, non vedendo i consueti preparativi, mi ha chiesto:
- Andiamo al laboratorio?
Da lì ho capito che quei rifiuti non erano dovuti al fatto che non gli piacesse stare lì, ma, molto probabilmente ad altri fattori come l’ansia…secondo me lui desiderava stare con gli altri, ma c’era qualcosa che lo ostacolava.

- Secondo me è stato importante anche il fatto di aver sempre cercato di individuare l’ambiente giusto per Alberto senza accontentarci di ciò che offriva il territorio, nel caso in cui non ci fosse.
La nostra scelta è sempre caduta su scuole piccole, con un numero adeguato di alunni per classe e con insegnanti desiderose di accettare “la sfida”.
Inoltre, ogni volta che Alberto doveva cambiare ordine di scuola (nido, scuola dell’infanzia, scuola primaria) ho preso contatti con le insegnanti e gli operatori della scuola scelta molto tempo prima che il bambino iniziasse a frequentare, così da aiutarli ad essere un po’ più competenti riguardo alla sindrome e alle esigenze del bambino. Ho usato il materiale sulla sindrome, i notiziari dell’associazione, il dialogo costante, la consulenza delle terapiste di Alberto….

- Sempre in virtù di quella collaborazione di cui parlavo prima, è stato fondamentale il tenere un dialogo costante e costruttivo con tutti gli operatori di Alberto e con le sue insegnanti, perché solo scambiando opinioni, idee, impressioni…è possibile avere sempre un quadro completo della situazione per capire il motivo degli insuccessi, per capire quali sono le strategie vincenti, per correggere il modo di procedere in base alle reali esigenze del bambino.
Anche questo punto però è difficile da applicare soprattutto se non c’è umiltà da parte di tutti e se ci lasciamo prendere da una certa “ansia da prestazione”.
Infatti, durante lo scorso anno scolastico, ci sono state alcune incomprensioni, spesso ho avuto paura di aver sbagliato scuola e ho anche cercato in giro qualcosa di diverso, ma, per fortuna, grazie alle indicazioni ricevute nell’ambito del “Progetto Amico”, tutto si è chiarito.
Ero principalmente io che sbagliavo desiderando che mio figlio imparasse assolutamente a leggere e a scrivere nello stesso tempo o quasi degli altri bambini e con me l’insegnante di sostegno. Credo che, paradossalmente, siamo state tratte in inganno dalle buone capacità di Alberto e dalla paura di poter perdere del tempo prezioso. L’insegnante di classe, invece, aveva ragione quando mi diceva di non avere fretta o che il bambino non era gratificato da quel fare sterile, quando proponeva di fare attività manuali…. e, dopo aver letto le indicazioni fornite dal prof. Cuomo, mi sono fatta coraggio e gliel’ho detto “che aveva ragione”.
Penso che il prossimo anno sarà la mia migliore alleata!

- Subito dopo aver letto la lettera-relazione e poi il progetto album, nella nostra famiglia si è respirata un’aria nuova e credo che Alberto si sia sentito nuovamente libero.
Spariti i quaderni pieni di schede e terminata “la quotidiana tortura” della lezione, Alberto ha riscoperto, pian piano, il piacere di fare le cose e il desiderio di volerle fare.

Noi abbiamo cessato di approfittare di ogni occasione per porgli domande: “di che colore è?” “come si chiama?”….e abbiamo iniziato ad esprimere le nostre sensazioni:
“Senti com’è liscio!” al posto di “Alberto com’è quest’oggetto liscio o ruvido?”
“Mmmm com’è dolce questo frutto!” al posto di “Alberto com’è questo frutto dolce o amaro?”….

Abbiamo smesso di chiedergli di fare determinate cose solo per vedere se le sapeva fare o facendole apparire come delle esercitazioni. Al contrario stiamo cercando di dare un’adeguata motivazione alle cose che gli chiediamo di fare così che lui si senta veramente utile, così che la cosa passi come
“faccio questo perché…” “faccio questo così…”
Ad esempio, invece di dire “Alberto apparecchia la tavola” diciamo “Dai Alberto apparecchia la tavola altrimenti non possiamo pranzare”
Invece di “Devi spengere la TV!” diciamo “Via, adesso spengi la TV così lei si riposa un po’ e anche tu ti rilassi gli occhi, altrimenti ti fanno male; più tardi poi la riaccendi”

Cerchiamo, ancora di più, di puntare sulle cose che gli piacciono come il computer, il cibo, il lavorare sul pavimento…per far nascere in lui l’interesse e il gusto di fare.

Abbiamo deciso di far guastare il lettore DVD e di aiutare Alberto ad occupare il suo tempo in maniera diversa. In questo modo, quando andiamo in giro non si lamenta perché vuole tornare a casa a vedere la TV o lo fa molto meno; quando andiamo al supermercato non compra più i DVD, ma le macchinine o le ruspe o un librino…con i quali sta imparando a giocare; ascolta direttamente le canzoni che gli piacciono, invece di mandare continuamente avanti e indietro il DVD per trovare il punto con la musica….
Per quanto riguarda il superamento della paura dei palloncini credo che tutto sia nato da quando abbiamo costruito il pagliaccio Pernacchio di cui ho parlato negli appunti.
Credo che il fatto che fosse un pagliaccio, personaggio che a lui piace in particolar modo, a fare quel rumore e che tale rumore servisse per far divertire chi lo ascoltava, abbia contribuito a fargli capire che non era poi così terribile come sembrava.
Vinta la paura è nato l’interesse per l’oggetto, il palloncino, e, forse, il desiderio di ripetere
un’ esperienza divertente, ha fornito lo stimolo giusto per imparare a gonfiarlo e, magari, la ginnastica facciale necessaria a questa operazione (fino ad ora non era mai riuscito a gonfiare le guance) ha contribuito a dargli un aiutino nel pronunciare meglio le parole.
L’eccitazione per la grande conquista, poi, forse, ha contribuito a fargli acquistare una maggiore sicurezza anche nelle altre esperienze e ha fatto da propulsore per le conquiste successive.

Detta così sembra semplice, ma vi assicuro che stiamo faticando moltissimo per cambiare il nostro modo di fare, ma ci stiamo impegnando e lo facciamo volentieri, visti i risultati!
E siamo solo all’inizio!

ADULTO o BAMBINO
Il 23 agosto 2009 il professor Cuomo invia alla famiglia Naldi alcuni spunti per riflettere circa quanto la mamma di Giorgio scrive:

…in relazione alla sua riflessione che riporto:

“…avendo lavorato molto su foto e immagini e avendole abbandonate da poco per cercare di lavorare a livello più astratto sviluppando maggiormente la memoria e il discorso al di fuori di un filo fatto da immagini Giorgio avesse supposto un ritorno al passato e quindi posto un rifiuto .”.

Penso che ci troviamo perfettamente in pieno accordo in quanto se Giorgio ritiene che l’uso delle foto è non a livello della sua età, l’usarle può sicuramente essere da LUI RITENUTO da poco capace o da bambino.
E’ probabile che molti intorno a lui la pensano in tal modo, lo ha sentito dire dalle Maestre quando era più piccolo, a Scuola oggi i suoi coetanei non usano foto, magari lo ha sentito dire dagli insegnanti, gli educatori lo dicono tra loro,...
E’ possibile che vi sia una convinzione e modalità di uso delle immagini foto, filmati, documentari,… ad un livello molto basso, e pensato esclusivamente per bambini e persone con deficit.

Un livello concettuale (quello messo in atto nell’uso di audiovisivi da parte degli operatori) che è possibile si basi sul considerare e valutare le immagini, i filmati, i documentari, le foto,… l’uso della telecamera, videoproiettore, schermo televisivo, macchina fotografica,… come strumenti che non producono capacità di astrazione e competenze astratte.

Se Giorgio in qualche modo ha incorporato tali convinzioni consequenzialmente teme che se lui usa delle foto, tale uso lo faccia considerare, agli occhi degli altri, non come adulto competente.

Giorgio quindi può essere profondamente convinto che le foto non siano per adulti.

− Ma perché è possibile che Giorgio viva l’uso delle foto non per adulti ma per persone poco capaci?
− Chi sta intorno a Giorgio effettivamente come considera l’uso di foto, di immagini, di videoregistrati, film…?
− Quando si parla di “cercare di lavorare a livello più astratto” a cosa si pensa, quali sono le convinzioni che fanno definire ciò che produce e propone capacità di astrazione e ciò che non, tali opinioni, se vi sono, che riferimento hanno?
− Visto che il lavorare con ausilio di immagini foto, film, documentari,… e con strumenti tipo telecamera, macchina fotografica, proiettori, scanner,computer, …potrebbe sollecitare molto la “zona di sviluppo potenziale” di Giorgio e quindi le sue capacità e competenze favorendo il potenziamento delle sue capacità astrattive (sollecitandole nella maturazione con strumenti facilitanti), se intorno a Giorgio si pensasse il contrario e non si utilizzassero in modo appropriato gli strumenti mediatori quali facilitanti, quali rischi si verrebbero a determinare?
− Si pensa sia adeguato lavorare con tali mediatori da adulti o si pensa che siano strumenti da Scuola elementare, massimo Media, strumenti per e da bambini?

Lei stessa sottolinea che gli altri, i compagni di scuola di Giorgio, non utilizzando le foto fanno emergere le differenze tra loro e suo figlio.
Giorgio utilizzandole sino a poco tempo fa e avendole abbandonate per un percorso ritenuto più provocatore di astrazione, avendo acquisito tale scala gerarchica svalorizzante le immagini, è molto probabile che sia maturato in lui un vissuto di “tornar indietro” verso modalità meno adulte.

Il vissuto di Giorgio, nelle ipotesi sopra presentate, quindi può avere quale riferimento:
- foto = non adulto
- parlato e scritto = adulto.

Ora noi ci dobbiamo chiedere e penso che è importante chiedercelo a Rimini in una dimensione multi ed interdisciplinare: definire “livello più adulto e più astratto” un uso della comunicazione senza le immagini e riferimenti multi ed ipermediali è corretto?
Escludere in una Scuola (quella di Giorgio visto che i suoi compagni non utilizzano immagini) la multi ed ipermedialità nella formazione è una scelta all’avanguardia o al contrario caratterizzante percorsi formativi dequalificati o di scarso livello ?

Come la pensano le professioni del futuro, i percorsi formativi del futuro, una didattica all’avanguardia:

Proviamo a chiederci se - al di là dei deficit, quindi per tutti - Non usare le immagini (video, foto, film, documentari, computer,…) in un itinerario formativo, in un momento in cui l’elettronica rappresenta la competenza del futuro trasversale per qualunque mestiere; il non usare materiali multi ed ipermediali nella Scuola (anche in quella che sta frequentando Giorgio) significa essere una Scuola avanti nei tempi o arretrata?

Sicuramente la risposta adeguata la ritroviamo nel: per tutti, al di là dei deficit, dobbiamo pensare a strategie, strumenti, metodologie, tecnologie… avanzate e qualitativamente professionalizzanti.
Una Scuola moderna, all’avanguardia dovrebbe avere attrezzature multi ed ipermediali come pure le Università. Ciò purtroppo non è consueto nelle Scuole e nelle Università Italiane non per questo noi dobbiamo convincerci che le moderne tecnologie sono produttrici di scarsa astrazione e/o fornire a Giorgio percorsi deprivati di strumenti e strategie mediatrici facilitanti l’apprendere, il concettualizzare, l’astrarre.

Le recenti analisi e valutazioni internazionali PISA circa la Scuola italiana portano i nostri contesti formativi ed i risultati sempre più verso gli ultimi posti nel mondo proprio perché abbiamo radicati pregiudizi sull’apprendere e l’insegnare, sul come avvengono le maturazioni cognitive sia nell’ambito dell’astrarre e del concettualizzare, come si potenzia la memoria, l’attenzione, il desiderio di esistere e l’emozione di conoscere.
Il non uso o lo scarso uso o il ritenere tale uso elementare delle immagini, dei video, di filmati,…risulta un contesto formativo estremamente arretrato che però va a costituire il vissuto dell’apprendere di Giorgio che notando le gerarchie svalorizzanti le immagini è possibile, molto probabile, che gli facciano vivere i contesti relazionali in cui sono richieste immagini, foto, video,… infantili, si sente cioè trattato da bambino (purtroppo anche se i toni relazionali sono rivolti a lui da adulto).
Non gli altri ma IO MI SENTO TRATTATO DA BAMBINO O DA ADULTO

Difatti l’essere trattato da bambino nella mia analisi si legava al possibile suo vissuto e le ho scritto:
“Le foto molto probabilmente, come avete anche voi intuito, ricordano a Giorgio un contesto, atmosfere relazionali molto infantili e quindi dissonanti dal ruolo da adulto che vuole impersonare ora.
Purtroppo molto probabilmente questo ci fa capire che le foto lui le viveva come infantili ma perché le erano state presentate in tale modalità e lui veniva trattato così: da bambino.”.

Difatti il “trattato da bambino” penso sia lo snodo del fraintendimento che sicuramente dovremo affrontare nell’incontro a settembre.

Il “trattare da bambino” non è una condizione necessariamente legata all’uso di espressioni particolari o da vocine o da vezzeggiativi (l’atteggiamento può essere anche sicuramente molto serio).

I figli, spesso, anche adulti, visti dal di fuori (per esempio dalle nuore che osservano come le suocere trattano i loro mariti) vengono percepiti come trattati da bambino dalle loro mamme.

Il termine “bambino”, come “adulto”, come “genitore” nella ricerca può avere significati che vanno al di là dell’uso quotidiano

Anche l’“Analisi Transazionale”, che è uno tra i riferimenti metodologici a cui noi ci riferiamo per la formazione delle famiglie e degli operatori utilizza i termini: Adulto – Genitore – Bambino.
Questi sono termini convenzionali concordati per connotare modalità relazionali.

Riassumendo e riducendo moltissimo:

Si connota quale modalità Adulta una che cerca di affrontare le questioni, le situazioni in modo da evitare rischi di conflitto, con modalità e strategie per superare con modalità sufficientemente ragionate situazioni problematiche.
Si connota quale modalità Genitore una che cerca di affrontare le questioni, le situazioni in modo da far appello ai sentimenti determinando rischi di “ricatti morali” creanti una subordinazione affettiva.
Si connota quale modalità Bambino una che cerca di affrontare le questioni, le situazioni in modo da produrre rischi di conflitto, fuori da tentativi di ritrovare modalità e strategie per superare ragionatamente situazioni problematiche. Una sorta di conflittualità-capriccio.
Le contrapposizioni, le sfumature nella relazione in ambito di “analisi transazionale” sono oggetto di riflessione tenendo conto se la relazione si connota quale Adulto-Adulto, Adulto-Genitore, Adulto-Bambino e nelle altre possibilità che i modelli di riferimento propongono nel loro porsi in parallelo, intrecciarsi e essere poco o molto dominanti.

Pertanto l’uso che io facevo nell’e-mail non voleva essere né di giudizio, né un riferimento sul piano del significato letterario, nè connotare una condizione assoluta ma fornire spunti per provocare riflessioni sia alla famiglia in considerazione (quella di Giorgio) che e specialmente alle altre famiglie ed operatori proprio perché non essendo loro implicate nell’accaduto potevano, con distanza affettiva, riflettere specialmente sulle loro situazioni non su quella utilizzata come opportunità per riflettere dell’“episodio Giorgio”.
Lo scopo di far circolare le e-mail sia tra le famiglie che tra operatori implicati in primo piano nella ricerca non è assolutamente quello di concentrarsi sull’accaduto a una determinata famiglia o a un determinato operatore in un frangente specifico ma quello di allontanarsi dalla situazione per sentirsi provocati e trasportati per riflettere e meditare in un ambito forte sul piano educativo-didattico nelle proprie situazioni.
Ogni riflessione fatta circolare quindi è una provocazione che vuol far riflettere in ambiti generali e di utilità comune (difatti la ricerca-formazione-azione vuol sia verificare, se vi sono, ambiti specifici della x-fragile, sia e specialmente connotare le originalità cognitive ed affettive per potenziare cognitivamente e affettivamente i bambini e le persone affette da x-fragile) tipo:
− pensiamo come si tratta il proprio figlio in maniera adulta o…?
− come progetto un itinerario tipo l’album delle foto in modo didattistico o in modo che sia divertente ed ugualmente produttivo di sviluppo cognitivo ed affettivo, sollecitando le facoltà di astrazione?
− Quando implico mio figlio lo faccio per valutarlo permanentemente?
− Chiacchiero con mio figlio o interrogo, valuto e insegno?

Le connotazioni, i tratteggiamenti di episodi e di contesti che noi inviamo nelle nostre riflessioni sono ipotesi e non sono giudizi e pertanto hanno lo scopo soltanto di provocare riflessioni. Ciascuno, Famiglia o Operatore, dovrà – in riferimento alle provocazioni – auto considerare il proprio comportamento, il proprio intervento. Per tale motivo ci tengo a sottolineare che quando lei dice rivolgendosi a me “Certamente la sua risposta è data da una mancata conoscenza di Giorgio e della sua famiglia” certamente ha ragione e credo che nessuno di noi finirà mai di conoscere le persone e non pretende di farlo (è già difficile conoscere se stessi figuriamoci).

Una qualunque ricerca si basa su dati, su notizie e formula delle ipotesi che tanto più sono valide quanto più sono valutate e verificate e sufficientemente meditate. Sicuramente sono ipotesi e tali rimangono, e sono, per fortuna, soggette ad essere riviste, corrette, contraddette, rafforzate, validate,… un turbinio di concetti validi, coerenti ma nonvalidi, completamente errati ma coerenti logicamente,…Un turbinio che sicuramente non troverà le verità assolute ma che tende a fornire ipotesi per spiegazioni che nel corso della trasposizione in pratica delle ipotesi queste dovrebbero produrre, con evidenza e con giudizio di tutti, efficacia, stati di benessere, miglioramenti, …

La ricerca che stiamo iniziando in questa fase di formulazioni di ipotesi e di raccolta dati, vorrebbe individuare, quali sono e se vi sono, caratteristiche specifiche e originalità particolari in persone affette da x-fragile.

La ricerca che stiamo intraprendendo per garantirsi sul piano scientifico non una sola visione ma una molteplicità di punti di vista, ha messo insieme tre aree che sono, come lei conosce l’area Neuroscientifica, della Psicologia Clinica e della Pedagogia Speciale con Didattica dell’Integrazione.

Per evitare una separazione tra chi fa ricerca per responsabilità professionale e le Persone con necessità speciali, per garantire una dimensione di cooperazione, si è voluta potenziare la ricerca implicando le famiglie e le stesse persone affette da x-fragile nella formula: ricerca-formazione-azione.

Nel tempo della ricerca, man mano, sicuramente avremo più dati e potremo conoscere più approfonditamente Giorgio (e gli altri ragazzi), la sua Famiglia (e le altre implicate) ed il Contesto in cui vive ma questo avverrà nel tempo insieme sia da parte di chi ha la responsabilità scientifica multi ed interdisciplinare sia da parte delle stesse Famiglie, Persone con x-fragile, Operatori.
Personalmente in relazione ai colloqui, ai video che ci scambieremo ed ai risultati delle indagini presso la S. Raffaele di Roma ed al confronto periodico con le Famiglie ed Operatori avrò sempre più dati per fornire alle Famiglie, agli Operatori, alla Scuola chiavi concettuali e ipotesi operative per cercare di superare gli handicap che la x-fragile propone e per potenziare al massimo la maturazione cognitiva ed affettiva dei ragazzi.

ATTENZIONE AI FRAINTENDIMENTI

Per ora i dati in mio possesso mi fanno comunicare quelle ipotesi che almeno non devono essere fraintese in questo percorso di avviamento (in attesa di formularne sempre più valide, adeguate ed efficaci).
Per ora cerco di elaborare ipotesi e orientare prassi che da una parte vanno a rispondere nello specifico caso per caso, dall’altra sono finalizzate, lo ribadisco, a fornire spunti generali a tutte le Famiglie ed Operatori (ed è questo il motivo per cui alcune risposte, come questa, sono fatte circolare a tutte le famiglie protagoniste in primo piano alla ricerca).
Nello specifico i dati che mi sono stati forniti per Giorgio mi presentano una storia che mi fa pensare da una parte ad interventi molto adeguati e dall’altra ad interventi che possono proporre dei rischi pertanto come sto facendo per tutti i casi in primo piano nella ricerca, cerco di argomentare sia intorno a ciò che la mia esperienza di ricerca mi fa ipotizzare quali interventi adeguati sia quelle modalità e circostanze che mi fanno pensare al contrario come area probabile di rischio. Queste mie riflessioni scritte, come ho sottolineato negli incontri, hanno lo scopo di andare ad arricchire le riflessioni delle Famiglie e degli Operatori venendo utilizzati quali ulteriori chiavi concettuali che possono trovare conferma o disconferma, corrispondenze esperenziali o meno, fornire spiegazioni plausibili a comportamenti e situazioni di cui non ci si spiegavano le motivazioni.

Queste mie ipotesi, che immediatamente confronto con i miei Collaboratori per averne con loro motivo di meditazione e discussione approfondita, si basano su quanto mi viene detto e offerto tramite colloquio e/o osservazione scritta e/o visiva (le osservazioni scritte o visive a loro volta propongono ulteriori confronti con le Famiglie, gli Operatori e i responsabili scientifici della ricerca).

I contesti e le originalità esistenziali

Oltre alle persone ed alle relazioni le riflessioni si allargano in particolare ai contesti ed alle situazioni. Pertanto i contesti non sono solo quello di casa ma si cerca di tener conto del fuori, degli altri che non sono solo i genitori o i fratelli.
Proprio per quanto riguarda Giorgio nella sua storia si tiene conto che è stato vittima di bullismo e questo già propone attenzioni particolari (non è un semplice calo dell’autostima) ma dobbiamo tener conto che Giorgio ha la x-fragile e pertanto, sempre, ma in special modo in situazione di ricerca, dobbiamo tenerne conto in quanto non si conoscono le conseguenze di subite violenze in relazione alla patologia. Per tale motivo ho consigliato alla famiglia un confronto con i colleghi dell’area psicologica (l’area psicologica è da tener fortemente da conto in quanto conosciamo la grande sensibilità delle Persone affette da x-fragile e bisognerà fornire sia alla Persona che alla Famiglia gli strumenti per conoscerla e saperla gestire. Molto spesso si pensa soprattutto alle competenze ed ad un andar bene a scuola, è opportuno avere consapevolezza della necessità di una maturazione sia sul piano cognitivo che affettivo-emozionale.).
Inoltre l’originalità di Giorgio ci porta ad attendere ancora nuovi dati per poterlo conoscere nella sua originalità e per valutare se tale originalità è collegata ad una caratterizzazione della x-fragile o no. Già questa attenzione, è emerso nel colloquio, fu data precocemente alla famiglia in un incontro a Milano con il dott. Moderato, che diede quale strumento alla madre l’osservare dicendole:
“ devi guardarlo e capire quali sono gli elementi che producono un danno a lui e ciò che invece lo aiutano”.
Sempre riflettendo sull’originalità di Giorgio, nel confronto personalizzato, emerge che nell’ambito degli apprendimenti per esempio nell’aritmetica la mamma dice di non aver mai potuto insegnare la matematica a Giorgio nel modo “classico”. “Giorgio, ci sottolinea la mamma, ha imparato tramite i problemi e in senso contrario al normale, prima le sottrazioni poi le somme, prima le divisioni poi le moltiplicazioni.”.
Questo dato è interessante per due motivi:
Il modo “classico” per insegnare le quattro operazioni non è certo codificato dai matematici ma vi possono essere delle consuetudini che gli insegnanti mettono in atto per pregiudiziali, personali ed arbitrarie convinzioni. Difatti per la didattica attiva a cui ci riferiamo sicuramente è più opportuno iniziare dai problemi e le sottrazioni possono risultare più chiare delle addizioni in quanto vi sono concrete quantità da togliere, da una quantità definita ed esistente, e ciò ci fa comprendere anche che la motivazione dell’evidenza togliere può immediatamente riportare al concetto di divisione e che quello di moltiplicazione risulta meno sensato e forse più miracolistico.
Giorgio, nella sua originalità, che ha avuto spazio di esistere grazie alla madre e al padre e ci fa capire che ha necessità di comprendere il senso prima di imparare e che impara quando vi sono procedure chiare e sensate.
Se si fossero seguite quelle che gli insegnanti definivano le direzioni “classiche” dell’insegnare Giorgio forse non avrebbe appreso oppure avrebbe appreso automaticamente, passivamente, da automa.
Le intuizioni della mamma, che hanno fatto sì che Giorgio crescesse con una mentalità non da automa, tali intuizioni erano già da tempo modalità didattiche sperimentate e conosciute e facevano riferimento ai modelli pedagogico-didattici attivi (la ricerca ci indica quale contesto adeguato per il superamento delle difficoltà di apprendimento e di insegnamento una classe dove gli insegnanti prediligono il Lavoro di gruppo con riferimento alle pedagogie attive attraverso una didattica globale con forte attenzione oltre che ai contenuti da apprendere anche ai processi in un ambito cooperativo-attivo di ispirazione Freinet e degli ultimi orientamenti denominati “cooperative learning”.
Una didattica multi ed ipermediale che propone differenti accessi all’apprendere attraverso una molteplicità di utilizzo di strumenti e situazioni mediatrici.
Una didattica attenta ai contesti, alle situazioni, alle atmosfere forti sul piano relazionale ed affettivo. Una didattica che propone una dimensione laboratoriale dove l’ipotizzare, il progettare lo sperimentare attraverso il provare, spostare, trasportare, sollevare, spingere, …, trasformare propone le azioni quali generatrici di condizioni sperimentali dove il fare va a sollecitare riflessioni, sempre nuove ipotesi, valutazioni, verifiche, ricerca di strumentie strategie mediatrici e facilitanti l’apprendere e l’insegnare… ).

Ancora sull’adulto e il bambino

Per evidenziare quale è per noi il senso di adulto e di bambino possiamo dire che:
− se un insegnante osserva il bambino per scoprirne l’originalità e si slega dai pregiudizi che bisogna prima fare le addizioni e poi le sottrazioni, prima le moltiplicazioni e poi le divisioni, se si scioglie da questa posizione avendo consapevolezza che è un pregiudizio: TRATTA IL BAMBINO DA ADULTO
− se al contrario rimane legato al fatto che esiste una ed una sola strada per apprendere l’aritmetica ed è quella di imparare prima le addizioni, poi le sottrazioni, poi le moltiplicazioni ed infine le divisioni: TRATTA IL BAMBINO O L’ADULTO DA BAMBINO
− Se degli insegnanti decidono che bisogna prima imparare a scrivere e poi a leggere e che questa è l’unica strada per apprendere a leggere e scrivere: TRATTANO IL BAMBINO O L’ADULTO DA BAMBINO
− Se invece sono consapevoli che vi possono essere dei bambini che hanno una maturazione oculo-manuale più precoce e che altri hanno una maturazione oculo-linguistica più precoce pertanto vi è chi impara prima a leggere e poi a scrivere e chi apprende prima a scrivere e poi a leggere e lasciano lo spazio per evolvere il bambino nella sua originalità: TRATTANO IL BAMBINO DA ADULTO

Il trattare da ADULTO o da BAMBINO quindi SIA NELLA NOSTRA CONCEZIONE CHE NELLA NOSTRA ANALISI, si lega alle considerazioni interne dell’educatore, dell’insegnante con cui viene costruita la relazione non solo dal comportamento e dalle espressioni esterne.
Tali considerazioni interne non sono sempre consapevoli in quanto si modificano in relazione ai pregiudizi ed alle competenze, conoscenze, saperi,… in possesso dell’adulto, dell’educatore, del genitore, del maestro,…e quasi mai sono legati ad un proposito di cattiveria (anzi molte volte i pregiudizi si legano ad uno slancio di bontà ciò ne conferisce un tragico mimetismo).
Altro presupposto che propone la condizione di ADULTO o d BAMBINO è il VISSUTO.

Non è l’altro che mi vuol trattare da BAMBINO ma sono io che non mi sento trattato da ADULTO.

Questo sentirsi trattato non da ADULTO ma da BAMBINO è una condizione che in preadolescenza ed in adolescenza è molto frequente ed è una delle cause creanti conflitti tra genitori e figli.
Le relazioni tra genitori e figli, tra insegnanti e allievi non sono facili in quanto le intenzioni degli adulti spesso non sono corrispondenti a quanto i ragazzi vivono, pertanto è il vissuto di frequente che crea tensioni e non le effettive intenzioni.

Ma veniamo alla scena delle foto cerchiamo di ricordarcela e proviamo a pensare se Giorgio ha potuto vivere tale situazione come un adulto o come un bambino indipendentemente dai toni ed atteggiamenti usati.

Provo ad immaginare possibili scenari nell’incontro tra Giorgio e la conoscente in relazione alle foto.
Provate anche voi (Famiglie ed Operatori) a portare in scena, facendo i registi, connotando con dialoghi ed atteggiamenti quattro attori:
1 . amica di famiglia
2 . sorella
3 . mamma
4 . Giorgio.

- Si parla di viaggi e la vicina di casa che è venuta a bere un caffè tira fuori dalla borsa delle foto e le fa vedere a Giorgio, alla mamma, alla sorella.
Giorgio spinto dall’entusiasmo della vicina spontaneamente va a prendere le foto scattate da lui e le mostra: ATTEGGIAMENTO E SITUAZIONE ADULTA.
- La vicina nella uguale situazione di prima prende le foto dalla sua borsetta e mostra le sue foto, Giorgio dice che anche lui a fatto delle foto ed alla richiesta della vicina di mostrargliele lui trova una scusa per non farlo ATTEGGIAMENTO DA ADULTO
- La vicina parla dei suoi viaggi e che ha fatto molte foto e la madre e la sorella dicono che anche Giorgio ha fatto delle foto e lo invitano a mostrarle (sapendo che il ragazzo non le ritiene importanti) ATTEGGIAMENTO DA BAMBINO
- Tutti insistono per convincere Giorgio a mostrare le foto ATTEGGIAMENTO DA BAMBINO
- Si prende come spunto i viaggi e scusa per indurre Giorgio a mostrare le foto (sapendo che per lui non sono una produzione da adulto) ATTEGGIAMENTO DA BAMBINO
- altre situazioni da caratterizzare o da adulto o da bambino…
Sicuramente come sottolineavo nella e-mail:
“Le foto molto probabilmente, come avete anche voi intuito, ricordano a Giorgio un contesto, atmosfere relazionali molto infantili e quindi dissonanti dal ruolo da adulto che vuole impersonare ora. Purtroppo molto probabilmente questo ci fa capire che le foto lui le viveva come infantili ma perché le erano state presentate in tale modalità e lui veniva trattato così: da bambino.”.

La mia ipotesi metteva in evidenza la POSSIBILITA’ (molto frequente nelle mie ricerche) che Le foto “ERANO STATE”, QUINDI NEL PASSATO, presentate in climi che Giorgio è possibile vivesse da bambino:
PASSATO
POSSIBILITA’
IPOTESI
Sono degli ambiti che la ricerca deve esplorare e che i ricercatori devono mettere in campo, poi la famiglia (che ha vissuto nel passato con il loro figlio) dovrà valutare, riflettere e ponderare, con chi ha la responsabilità della ricerca, se vi sono stati e/o vi sono tali rischi.
E’, a mio avviso, questo uno tra gli ambiti che bisogna tenere in attenzione:
come Giorgio HA VISSUTO NEL PASSATO certi interventi e questi retroterra come oggi fanno vivere determinati interventi, situazioni, strumenti.
Porre un’attenzione a come Giorgio può vivere o vive nel presente certi eventi e certe attività presentate e svolte in modalità ben precise è una dimensione della ricerca molto importante. Molto importante nell’ambito della Pedagogia Speciale in quanto l’analisi e la valutazione delle modalità educativo-didattiche e dell’uso di certi strumenti risulta estremamente utile per orientare le famiglie che oggi hanno bambini piccoli con x-fragile.
Tale analisi e valutazione, ci offre la possibilità di ipotizzare quali possono essere gli orientamenti educativo-didattici che offrono una tendenza e opportunità per uno sviluppo corretto dei potenziali cognitivi ed affettivi di bambini con x-fragile.
La ricerca non limita né vuol circoscrivere la riflessione all’atteggiamento dei famigliari o degli insegnanti o degli operatori ma di come un ragazzo (non dimentichiamolo con x-fragile) può vivere certe situazioni e se vi possono essere dei rapporti tra certi contesti, certe relazioni e il vissuto e se si possono ipotizzare correlazioni e costanti di una qualche importanza.

Desidero inoltre ricordare che nella e-mail si sottolineava che:
“L’agenda Giorgio la vive adulta e pertanto le foto lasciamole da parte spostandole all’”amico”.
Pertanto le foto non avevano nulla di obbligatorio ma erano uno spunto che poteva essere sostituito da altro e l’agenda poteva essere un prestigioso sostituto.

Colgo quindi l’occasione per ricordare che le “piste di lavoro” sono spunti i quali vanno riorientati in relazione all’originalità dei ragazzi durante lo stesso percorso. In specifico per Giorgio lo spunto delle foto era nato per potenziare le opportunità di professione caratterizzante la Scuola che frequenta che si qualifica quale “turistico-alberghiera”. Difatti nella lettera del 22-05-09 sottolineavo:
“Le riflessioni sugli ambienti in qualche modo collegati alla dimensione turistico-alberghiera (anche favoriti dal fatto che la famiglia spesso viaggia) al ragazzo possono fornire competenze professionali. Per tale motivo i genitori possono marcare ed evidenziare i comportamenti del personale alberghiero, l’organizzazione contestuale, i modi relazionali,… Il sottolineare tali contesti e la loro organizzazione funzionale sicuramente sarà utile a Giorgio in quanto andrà a costituire un substrato esperienziale che gli renderà meno estraneo quanto andrà ad imparare a scuola presentandogli concretamente (e documentandoli attraverso foto o video per poterli mantenere chiari nella memoria e nell’esperienza vissuta) aspetti pratici di possibili ambiti lavorativi.
Il saper leggere un menu, il saper ordinare,... tutti percorsi di apprendimento utilissimi per Giorgio. Le vacanze possono divenire un grande, importante ed utilissimo laboratorio che bisogna sfruttare.”.
Inoltre nella stessa lettera (che bisognerà riprendere non appena Giorgio a settembre ricomincerà ad andare a Scuola) sottolineavo che per iniziare a sentirsi adulti bisogna pensare a che tipo di lavoro far intraprendere a Giorgio tenendo presente i propri limiti e le potenzialità in possesso. A tale proposito scrivevo:
“Anche a scuola bisognerà avere molta attenzione ai percorsi formativi di Giorgio, sicuramente è più probabile per esempio che in un ristorante Giorgio sia implicato in attività ed in lavori che non siano dirigenziali o di responsabilità come la gestione della cassa. Pertanto bisognerà pensare a che tipo di lavoro è più probabile per lui e da questi riferimenti orientare il programma e i processi formativi.
Il tirocinio potrà divenire ed essere un ambito formativo più esteso per Giorgio, pertanto bisognerà aumentare le ore di tirocinio perchè in tale attività il ragazzo apprende più abilità e competenze utili ad una sua probabile collocazione lavorativa (le teorie dovrebbero fondarsi sull'esperienza, in tal modo Giorgio avrà più riferimenti per poterle comprendere, non meramente e passivamente a memoria, ciò perchè ne vedrà l'utilità legata alla pratica).
Nell’organizzazione della programmazione bisognerebbe avere un pensiero di fondo che risponde alla domanda: “LE COMPETENZE già in possesso di Giorgio COME LE POSSIAMO FARE DIVENTARE COMPETENZE LAVORATIVE?”

Attenzione agli “onesti pregiudizi”

Il pregiudizio che porta a pensare che le immagini siano uno strumento che produce e provoca meno astrazioni di un discorso a memoria e che la memoria sia un qualche cosa di sciolto o senza riferimenti evocativi sensoriali è da riprendere in settembre (insieme al riflettere sul fatto che una relazione adulta che può essere vissuta da bambino) in quanto gli itinerari educativi moderni richiedono e pretendono sia nella formazione scolastica che in quella universitaria una dimensione formativa multi ed iper mediale. Difatti, indipendentemente dalla presenza di persone con necessità speciali, in Scuole che hanno la pretesa di fornire competenze professionali ad alto livello si auspica che: “L’agito, il fare, le situazioni, … dovrebbero divenire contesti e situazioni su cui riflettere e sviluppare l’analisi, i ragionamenti per tutto il gruppo classe che andranno a caratterizzare la professionalità da raggiungere.
In altre esperienze a scuola, organizzando lavori di gruppo, si sono selezionati degli spezzoni di film per poter osservare contesti, situazioni, atmosfere, modalità relazionali, tipo di comportamento non verbale, atteggiamenti, modi di presentarsi ai clienti, modi di muoversi e comportarsi circa i ruoli nei differenti contesti alberghieri, di ristorazione.
Sono differenti i contesti e le modalità relazionali del personale al Grand’Hotel, all’albergo, alla pensione,… è differente il comportamento del personale se lavora al bar, tavola calda, mense, camping,…
I film propongono un soffermarsi su situazioni particolari, ritornare indietro, analizzare insieme, provare a simulare imitando,… i film possono proporre situazioni paradossali con ricchezza di particolari, ponendo primi piani che risultano estremamente significativi. Una modalità per approcciarsi al mondo del turismo, delle competenze alberghiere molto profondo e rilassato e proponente riflessioni ed opportunità didattiche interdisciplinari.
Il guardare i film interi, il selezionare le scene utili per la formazione, propone anche un utilizzo delle tecnologie informatiche, ciò rientra nella formazione all’uso di questi strumenti indispensabili per le future professioni.”.

Per quanto riguarda l’esperienza di Giorgio in barca penso che possa essere per lui ottima.
Noi l’abbiamo sperimentato con Università della Germania e l’analisi di tali esperienze mettevano in evidenza condizioni educative e relazionali estremamente adeguate: difatti tutto quanto si fa in barca è strettamente utile e funzionale ad un chiaro scopo comune. La chiarezza dei ruoli, delle responsabilità e delle finalità, insieme al grande e doveroso rispetto delle regole, sono i cardini di tale importantissima esperienza che va presa nella sua profondità strutturale e trasferita nella vita quotidiana. Una rigorosità che è pretesa in barca che E’ ADULTA.
Bisogna allargare i contesti e non farli rimanere in barca ma trasferirli nella vita quotidiana che deve anch’essa avere chiarezza dei ruoli, delle responsabilità e delle finalità, insieme al grande e doveroso rispetto delle regole.
Nel trasferire la rigorosità e quindi la DIMENSIONE ADULTA nella vita quotidiana analogamente all’esperienza in barca, bisogna far ritrovare “sulla strada” di Giorgio:
− come vado al porto, con che mezzi (ricordo io quando,… uso l’orologio, nessuno mi dice lo ricordo quindi da solo,…)
− chi compra i biglietti(so usare bene ed autonomamente i soldi, so organizzarmi per le mie economie, ho una paghetta settimanale,…)
− chi prepara la borsa con quanto mi serve in barca
− chi si ricorda come vestirmi
− chi ha scelto i vestiti
− chi li ha pagati
− quanto costa il corso…

La situazione barca deve pian piano estendersi a macchia d’olio e divenire un modo di vivere in autonomia ed indipendenza, anche fuori la barca, altrimenti si necessiterà sempre di un “capitano” che ti dice passo passo cosa devi ricordare, fare, dire,…
Che ti dice quando la barca sta affondando…

Penso che le provocazioni siano la base che propone forza alla ricerca e la nostra sfida è quella di ricercare quelle strade anche ritenute assurde per scalare i problemi e raggiungere le vette della qualità.

Ci faccia sapere se le sono venute in mente altre idee ed ipotesi

Un augurio di buon proseguimento dell’estate.

Nicola Cuomo
Alice Imola




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