X Fragile - Il Filo di Arianna
Vuoi reagire a questo messaggio? Crea un account in pochi click o accedi per continuare.

I messaggi trasversali -parte seconda-

Andare in basso

I messaggi trasversali -parte seconda- Empty I messaggi trasversali -parte seconda-

Messaggio  Admin Mer Mar 17, 2010 2:05 am


1 ottobre 2009, il professor Cuomo scrive alla famiglia di Filippo:

Gentilissima famiglia, sono in accordo con voi nel non capire il perché il maestro volesse richiedere ai suoi colleghi della scuola di infanzia il banco di Filippo! Il banco apparteneva ad altra storia che è stata esaurita e bisogna ragionare e progettare in prospettiva futura. La prospettiva futura per Filippo ha come riferimento per le scelte educativo-didattiche la ricerca che stiamo facendo partire. Una ricerca multi ed interdisciplinare che prevede una attenzione scientifica e rigorosa, indispensabile per orientare le prassi in modo adeguato, al fine di contrastare gli handicap che la x-fragile propone e per la valorizzazione e il potenziamento delle originalità di Filippo. Una ricerca che al servizio di Filippo, della Famiglia, della Scuola, degli Operatori. Una ricerca che va a concretizzare quanto la legge 104 pretende. Le attenzioni multi ed interdisciplinari sono andate a formulare ipotesi di base per contrastare alcune tendenze disturbanti l’apprendere e per tale motivo si è andato alla ricerca di ipotesi che orientano le prassi educativo-didattiche e riabilitative verso concatenamenti di senso e di emozioni legate a esperienze vissute e non subite. Una dimensione che propone un anticipare, un tenere sempre presente l’evidenziare il filo del discorso per permettere al bambino di orientarsi, di ritrovare il senso del pensiero che (secondo le ipotesi formulate che sembrano, per ora, coerenti alle osservazioni) a volte tende a perdersi e frammentarsi. Il presentare gli spazi, gli ambienti, i contesti scolastici sicuramente è stata un’azione adeguata come l’anticipare, da parte della famiglia, andando alla nuova scuola, presentandola come luogo per Filippo che lo designava più “grande”. Non capisco perché tale presentazione è stata ferma ai contesti, agli insegnanti, all’ambiente e non si è soffermata sufficientemente e significativamente a provocare e fortificare la relazione emozionale ed affettiva tra i bambini. Non leggo nella relazione ipotesi, strategie, occasioni, “buone pratiche”, finalizzate a far nascere e sviluppare “buone relazioni”. L’altra cosa che non capisco sta nel voler riportare a Scuola elementare un banco che mi sembra di “contenzione”, questo mi fa sospettare che più che dei potenziali positivi di Filippo la comunicazione passata tra gli insegnanti è stata quella delle problematiche. Spero proprio di no, spero che forse è una mia troppa prudenza. In tutti i modi si è fatto benissimo sia a non portare il vecchio banco nella nuova Scuola, sia al non designare posti che identifichino Filippo come compagno negativo. Per quanto riguarda porre in primo banco il bamibino, una organizzazione semicircolare dei banchi evita sicuramente la connotazione di diversità negative nella collocazione ed designazione dei posti. Non capisco neanche perché, mi è sembrato di capire, Filippo sia lasciato libero di circolare in classe e sia portato fuori classe. Le regole della classe devono essere fatte comprendere sin dai primi giorni da tutti i bambini e tutti i bambini devono stare in classe e lavorare in classe (tranne quando vi sono altri progetti che prevedono il muoversi tutti in classe e/o fuori classe). Francamente non capisco il perché portar fuori Filippo. Altro che non mi è chiaro è il ruolo degli insegnanti. Questo deve essere di estrema collaborazione progettuale e di programmazione sia tra di loro che con la famiglia pur avendo ciascuno responsabilità differenti. In particolare il ruolo dell’Insegnante Specializzata deve avere queste caratteristiche:
l'insegnante di sostegno è un riferimento stabile per la realizzazione dei progetti di integrazione/inclusione .
Il gruppo degli insegnanti in relazione a tale presenza specializzata, hanno la possibilità di orientare adeguatamente quelle azioni opportune e valide per il progetto di integrazione/inclusione e per organizzare piani di lavoro adeguati al superamento degli handicap nella programmazione. La specializzazione dell'insegnante di sostegno ed il suo ruolo determina la possibilità di: consigliare, informare i colleghi (per esempio facendo circolare questa lettera tra gli insegnanti) fornendo quegli spunti utili all'ottimizzazione dell'integrazione/inclusione. L'insegnante di sostegno è un insegnante specializzato e pertanto deve fornire orientamenti e mettere al servizio dei colleghi le sue competenze: la sua specializzazione. L'insegnante di sostegno è una risorsa per gli insegnanti, un consulente permanente per verificare se il progetto educativo-didattico è adeguato a quanto prevede la legge, è il responsabile della qualità dell'integrazione/inclusione di Filippo. Da quanto sopra tratteggiato gli insegnanti possono fornirle le loro ipotesi di programmazione, i loro piani di lavoro, il POF, il PEI e noi siamo disponibilissimi a collaborare (come prevede la legge 104 già citata). Inoltre nella lettera relativa all’incontro di Bologna vi sono spunti e ipotesi di lavoro che furono indirizzate alla famiglia ma che propongono linee ed orientamenti educativo-didattici anche e in particolare per la scuola, riporto alcuni spunti educativo-didattici: - Il progetto album - L’osservazione e l’attenzione si possono potenziare attraverso l’uso della lente di ingrandimento, della schiuma, del nastro adesivo,… Pongo in ALLEGATO altra esperienza relativa al come organizzare le prime settimane per far nascere una buona relazione tra i bambini e per stabilire chiaramente le regole di comportamento e di studio in classe. Per quanto riguarda lo stile metodologico e didattico la ricerca ci indica quale contesto adeguato per il superamento delle difficoltà di apprendimento e di insegnamento una classe dove gli insegnanti prediligono il Lavoro di gruppo con riferimento alle pedagogie attive attraverso una didattica globale con forte attenzione oltre che ai contenuti da apprendere anche ai processi in un ambito cooperativo-attivo di ispirazione Freinet e degli ultimi orientamenti denominati “cooperative learning”-. Una didattica multi ed ipermediale che propone differenti accessi FACILITANTI all’apprendere attraverso una molteplicità di utilizzo di strumenti e situazioni mediatrici. Una didattica attenta ai contesti, alle situazioni, alle atmosfere forti sul piano relazionale ed affettivo. Una didattica che propone una dimensione laboratoriale dove l’ipotizzare, il progettare lo sperimentare attraverso il provare, spostare, trasportare, sollevare, spingere, …, trasformare propone le azioni quali generatrici di condizioni sperimentali dove il fare va a sollecitare riflessioni, nuove ipotesi, valutazioni, verifiche, ricerca di strumenti… quelle condizioni proponenti sollecitazioni allo sviluppo ed il potenziamento delle competenze con l’emozione di conoscere. L’adeguatezza degli interventi per un bambino con x-fragile circa l’apprendere e l’insegnare a leggere e scrivere. Filippo necessita di contesti forti sul piano affettivo che vadano a rispondere ai suoi bisogni personali, pertanto risulta fondamentale informare i compagni delle sue particolari esigenze altrimenti il gruppo classe rischia di non capire o di fraintendere il perchè di certe attenzioni nei suoi riguardi. Conoscere i problemi del loro compagno significa potersi "cimentare" per aiutarlo e sentire i successi dell'apprendere di Filippo quali risultati della cooperazione di tutti. divenire le occasioni per orientare e valutare prassi che propongono, attraverso una didattica di qualità, il piacere di conoscere: qualità della didattica e piacere di conoscere che predispongono tutti al successo scolastico. Alcune attenzioni e riferimenti metodologici che bisognerà avere nel progettare ambienti didattici in particolare Le esigenze di contesti forti sul piano affettivo che propongono risposte adeguate da parte di Filippo possono per Filippo, si possono ritrovare nella necessità che il bambino ha di apprendere in situazioni complesse e non di riduzioni(riassunti) , le quali possono determinare il rischio di far perdere di senso quanto si sta facendo, ciò che si sta dicendo. Per tale motivo per il bambino è necessario utilizzare metodologie globali ed attività che abbiano sempre un chiaro senso. Sono da eliminare tutte quelle attività ripetitive, monotone e senza finalità. Rispettare l'originalità e la complessità di un bambino pretende risposte e progetti educativi e didattici altrettanto complessi. Nel programmare attività relative all'insegnare a leggere ed a scrivere, a volte si rischia di ridurre le attività in esercizi che, con l'obbiettivo di facilitare l'apprendimento, scompongono e riducono il leggere e lo scrivere rischiando di fargli perdere la connotazione di strumenti per potenziare la comunicazione. Mantenere il riferimento alla complessità risulta fondamentale se si vogliono rispettare i bambini e le loro originali risorse. Le diverse prospettive di approccio alla lettura e scrittura, bisogna tengano conto delle emozioni, delle istanze affettive che andrebbero orientate in modo da farle coincidere con il desiderio di comunicare; desiderio che si propone come energia di ricerca verso quelle abilità che permetteranno ai bambini e a Filippo in particolare, di impadronirsi delle competenze del leggere e dello scrivere. Un approccio emozionale ed un approccio tecnico che costituiscono due polarità evidenzianti la complessità di un percorso che, se non vuole divenire un itinerario di meri esercizi più o meno passivi, deve affidarsi a modalità e strumenti multimediali ed affascinanti. Un itinerario che propone il ricercare e trovare dei segni e simboli che nascondono dei messaggi mandati da chissà chi e che provengono chissà da dove, sicuramente riesce, attraverso la dimensione misteriosa che tale situazione provoca, a solleticare, sollecitare la curiosità, un interesse, provocando accortezza al discriminare, a distinguere, ad interpretare, a capire, a conoscere, decodificare e codificare. Lo scoprire, da parte dei bambini, diverse possibilità di decodificare e codificare un messaggio, propone il poter conoscere i diversi modi di accedere al comprendere ed in queste diversità il bambino che presentasse delle difficoltà di apprendimento, nel dinamismo della ricerca, nella complessità delle occasioni, ha molteplici possibilità originali e adeguate a superare le sue difficoltà trovando, insieme all'insegnante, ai compagni, accessi singolari al comprendere. In questa dimensione ritroviamo la necessità di un'attenzione alle eterocronie, ai diversi ritmi di sviluppo psico-biologico che ciascun bambino propone con la sua originalità; ritroviamo possibilità di progettare occasioni per i successi, partendo dal positivo, dal "sa fare" di ciascuno. Tali presupposti ci devono far riflettere quando pensiamo a modalità di insegnamento che vanno a "ritagliare", a suddividere le abilità occorrenti per leggere e scrivere, in parti definite semplici, minime, che in un itinerario sommatorio e lineare propongono l'apprendere quelle parti di abilità che si sono "smontate", scorporate dalla complessità del comunicare attraverso il leggere e scrivere. Tali esercizi, anche quando provocano apprendimento, lo separano dalla natura sistemica e dalle finalità comunicative e relazionali della lettura e della scrittura: è come se si volesse far imparare il gioco degli scacchi insegnando le mosse separatamente, una per una, tralasciando lo spiegare, il far comprendere le regole del gioco, le sue correlazioni, le finalità, la complessità dei percorsi, il piacere del giocare. Il leggere e lo scrivere devono essere chiaramente vissuti dai bambini come strumenti che permettono di comunicare anche a distanza, pertanto: "...devo ricevere uno scritto, devo inviarlo, devo rispondere a qualcuno che mi ha scritto, ..." (internet, la posta elettronica, i messaggi con i telefonini oggi stanno proponendo una nuova magia dello scrivere e del leggere). La natura funzionale del leggere e dello scrivere è dinamica e il loro apprendimento deve rimanere attivo, non si deve ridurre ad un passivo, monotono, ripetitivo, meccanicistico saper leggere e scrivere. Altra attenzione che bisognerebbe avere riguarda le dominanze che i bambini posseggono, in quanto per alcuni risulta più facile imparare a leggere e per altri imparare a scrivere; le due competenze non sono la stessa cosa anche se si richiamano l'un l'altra; il leggere mette in atto funzioni emozionali e cognitive diverse da quelle dello scrivere. Per un bambino affetto da X-FRAGILE lo scrivere può risultare più difficoltoso del leggere; se vi sono problemi di motricità fine, il dover concentrare l'attenzione sulla mano può far perdere di mente "quanto devo scrivere" (come può succedere a chi, scrivendo a macchina, passa dall'usare un solo dito per mano ad usare le dieci dita insieme, il concentrarsi sul lavoro delle mani distrae il pensiero da riportare in scrittura). Ma "cosa" devo scrivere? "Per scrivere devo guardarmi intorno, devo essere curioso, devo osservare, devo narrare a qualcuno quanto vedo, sento, desidero e se lo scrivere mi distrae da tutto ciò, il mio pensiero mi sfugge, la mia attenzione allo scrivere mi fa dimenticare ciò che voglio scrivere, ciò che osservo". Lev Tolstoj, che di scrivere certamente se ne intendeva, riferendosi alla sua esperienza di insegnante, proponeva ai suoi colleghi di essere un mediatore, non un addestratore, si raccomandava di provocare il linguaggio poetico del bambino, di ascoltarlo, in qualche modo registrarlo (ai suoi tempi non vi erano registratori e lui trascriveva, come si dice nel linguaggio dei computer, "salvava"); assolutamente non bloccava il pensiero dei bambini con l'ingombro della mano poco capace di scrivere, non ingombrava gli occhi dei bambini con il farli esercitare a leggere, leggeva lui per loro, il saper leggere poteva venire dopo con il desiderio di leggere. Lev Tolstoj, nell' evidenziare i "procedimenti" per affrontare la composizione, al punto tre raccomandava: "3) (Di particolare importanza). Mai, mentre si tiene d'occhio il lavoro di composizione dei ragazzi, si facciano agli allievi appunti circa la pulizia dei quaderni, o la calligrafia, o l'ortografia; né si facciano appunti, soprattutto, sulla costruzione delle proposizioni e sulla logica ...". (cfr.: Lev Tolstoj, I quattro libri di lettura, Giulio Einaudi, TO, 1964. pag.291.) Se i problemi di coordinamento oculo-manuale sono presenti, si potrà procedere nel leggere e nel frattempo esercitare la mano di Filippo in attività propedeutiche allo scrivere ma non coincidenti con tale attività. Nelle nostre ricerche risulta importantissimo evitare esercizi nella stessa attività per cercare di far superare le difficoltà, risulta un'attenzione importante da tenere in quanto il ripetere monotono può far rifiutare l'apprendimento. Le nostre ricerche hanno fatto emergere che se le carenze di coordinamento oculo-manuale vengono superate in attività lontane dallo scrivere, quali ad esempio il cucinare, preparare cibi (pelare le patate, sbucciare la frutta, sbattere le uova, preparare la pizza, ...), il giocare a pallavolo, il giocare con le palline, con i tappetti delle bottiglie, il fare collage, creta, ... tali attività fanno maturare fisicamente e cognitivamente le mani e potenziano la possibilità di imparare a scrivere. L'esercitare il bambino nello stesso ambito in cui non riesce, ha portato nella maggior parte dei casi al rifiuto dello scrivere e conseguentemente del leggere. Risulta, quindi, fondamentale fornire al bambino l'opportunità di ricercare in più direzioni, per dargli la possibilità di riflettere ed organizzare la propria esperienza in modo da essere integrabile alla complessità del contesto, in modo da organizzare la propria comunicazione rendendola usufruibile ad un amplio ambiente. La ricerca del proprio accesso diviene l'incontro con le ricerche degli accessi che tutti i compagni stanno cercando, un incontro quindi con le capacità, le strategie di ciascuno. La complessità del progetto, quindi, deve fornire uno sfondo articolato dove ciascuno possa collocare le proprie capacità senza il rischio che queste non siano viste e riconosciute. Tracciare col gesso dei segni sul pavimento per percorrerli, tracciare su di un cartellone (pianta) il tracciato dei compagni che camminano nell'aula, rappresentare graficamente suoni, rumori (forti, deboli, acuti ...), cercare la strada con la punta di un bastoncino che ci conduce, in un labirinto disegnato, verso la stanza del tesoro; il semplice disegnare baffi, barba, occhiali, mutare le espressioni alle persone fotografate su di un rotocalco possono proporre attività che preludono lo scrivere. In tale dimensione l'apprendimento della lettura e della scrittura diviene la ricerca di strutture, di ordini, di regole, di organizzazioni nelle situazioni, nel contesto, che risultano di riferimento per l'organizzazione di se stessi, delle proprie conoscenze, abilità e competenze. L'apprendimento della lettura può essere reso fluido leggendo insieme, con l'ausilio di un registratore si può guardare insieme Topolino e mentre lo si legge, registrarlo per dare modo di poterlo riguardare autonomamente. Il bambino, quando vuole riguardare il fumetto, rileggerlo, può accompagnarsi con l'ascolto del registratore che "aiuta", "sostiene" la lettura con la voce del papà o della mamma. In altri casi in cui i genitori hanno usato il registratore, è risultato importante, con la registrazione del testo, registrare anche i commenti fatti insieme al bambino, tipo: "... sei stata tu Paperina a infilarmi il ghiaccio dietro il collo ( 'guarda che faccia ha Paperino, chissà che freddo che ha, guarda,guarda, ha tutte le penne dritte dal freddo') ...", i commenti hanno avuto l'effetto di attirare l'attenzione sui particolari, proponendo e sollecitando l'osservazione e la riflessione. In altre situazioni si sono fotocopiati alcuni fumetti, si sono ritagliati, e dopo aver cancellato dal fumetto del giornalino (con il bianchetto) la frase, si è giocato a mettere il fumetto giusto al posto giusto o ci si è divertiti a cambiare significati alle scenette cambiando il posto ai fumetti. Per quanto riguarda gli ambiti pedagogici, il mio suggerimento in particolare per Filippo è quello di ampliare gli aspetti emozionali e narrativi, riducendo gli esercizi che vanno a spezzettare le parole. La frammentazione delle parole, con la conseguenza dell'assenza di significati, in una prassi didattica ripetitiva e noiosa, spesso mimetizzata in giochi tipo tombola, cruciverba, rebus, ..., potrebbe determinare il rischio di far soffermare troppo a lungo i bambini sulle lettere, sulle sillabe, facendo andare in secondo ordine l'apprendimento delle competenze e delle strutture linguistiche, i significati, la narrazione, le capacità di "entrare" ed "uscire" nella e dalla storia per esserne coinvolti, la capacità critica, le competenze di confrontare, paragonare, l'orientarsi e l'avere consapevolezza dei tempi, dei contesti, delle situazioni che la narrazione propone, il piacere di inventare e leggere. Gli aspetti analitici possono essere spostati (al contrario di quanto si fa solitamente a scuola), a dopo che i bambini si sono impadroniti degli aspetti strutturali della lettura e della scrittura, dopo che è nato e si è sviluppato in loro il desiderio ed il piacere di leggere. Gli aspetti analitici possono divenire scoperte nei percorsi di lettura e scrittura ed evidenziati man mano che si incontrano strutture sintattiche, regole grammaticali, figure retoriche, ... sempre prestando la massima attenzione a non andare a spezzare la "magia", il fascino, l'emozione del leggere e dello scrivere. Mentre le riflessioni sintattico-grammaticali sono possibili in tempi successivi, se il bambino perde l'emozione, il desiderio di leggere e scrivere, è probabile che tale danno sia irreversibile o difficilmente riparabile. Per far nascere nei ragazzi il piacere di scrivere e per fargli acquisire competenze, torno a riferirmi ad un esperto nel settore, Lev Tolstoj, e riprendo (dal punto quattro del testo prima citato) alcune sue riflessioni sulle strategie per far nascere il desiderio ed il piacere di scrivere attraverso lo svelare i segreti meccanismi della composizione. "4) Siccome, per il comporre, la difficoltà risiede non già nella vastità o nel contenuto del tema che si assegna, ma nella sua artisticità, ne consegue che la gradualità dei temi dovrà riferirsi non alla vastità, non al contenuto, non alla lingua, ma al meccanismo del comporre, meccanismo che consiste in primo luogo nello scegliere una, e una sola, fra le tante idee e immagini che si affollano alla mente; in secondo luogo, nello scegliere per essa le parole adatte a configurarla; in terzo luogo, nel tenerla ben presente e nel trovare il posto giusto in cui collocarla; in quarto luogo, nel ricordarsi di ciò che già si è scritto, e quindi non fare ripetizioni, non lasciarsi sfuggire nulla, ricollegare quel che segue a quel che precede; in quinto luogo, finalmente, nel riuscire a far sì che, pensando e scrivendo nello stesso tempo, una cosa non sia d'ostacolo all'altra. Per ottenere questo, io mi sono regolato così: alcuni di questi lati del lavoro, in un primo tempo, li ho presi su di me, e poi gradualmente li ho affidati tutti alle cure degli stessi ragazzi. Da principio, sceglievo io per essi, tra la folla delle idee e delle immagini, quelle che a me parevano le migliori, e le tenevo ben a mente, e indicavo il posto giusto per collocarle, e confrontavo di continuo quanto già s'era scritto, trattenendoli così dal ripetersi, ed eseguivo di mano mia l'operazione di scrivere, lasciando a loro soltanto il compito di configurare le immagini e le idee in parole; poi affidavo a loro soli anche la scelta; poi anche il confronto col già scritto; finché da ultimo - com'avvenuto nella composizione della 'Vita della moglie d'un soldato' - i ragazzi non si assumevano direttamente l'operazione stessa di scrivere.". Fondamentalmente nei primi anni di scuola non ci si dovrebbe preoccupare assolutamente delle letterine, ma puntare sul desiderio di leggere o, se non c'è questo, di ascoltare. Soffermarsi sulla parte, sulle letterine propone il rischio di far perdere gli aspetti affettivi, funzionali e globalmente comunicativi del linguaggio scritto e parlato. Bisognerebbe tener sempre presente "a chi voglio inviare questo messaggio e perchè", "chi riceverà il mio scritto, cosa proverà, capirà quello che intendo dirgli", "il mio messaggio, il mio scritto quali sentimenti può produrre", "voglio solo dire, inviare una informazione o il mio scrivere attende una risposta", ...; il messaggio scritto deve scaturire dal desiderio di comunicare, di trasmettere i miei pensieri, le mie emozioni, per poter comunicare, corrispondere con altri che hanno pensieri, sentimenti, emozioni ed in tale dimensione trasmettere e ricevere informazioni, scritti con senso. Le ricerche hanno fatto emergere (l’ostacolo è in certe ostinazioni pregiudiziali di alcune/i insegnanti) che non è necessario soffermarsi sulla "s" di "sole", sulla "z" di "zappa", sulla "u" di "uva", ... questi apprendimenti avvengono in situazione, in contesti, mentre si parla-legge in maniera globale, nella relazione: non impariamo parola per parola e figurarsi lettera per lettera, ma parole con senso in un contesto, in una relazione affettiva, con qualcuno che desidera comunicare con noi, con delle finalità. Qualora qualche bambino rivelasse difficoltà nella lettura e/o nella scrittura dopo quattro / cinque mesi, bisognerà comprenderne il perchè, tenendo presente (come ho prima accennato) che per la lettura si mettono in atto ambienti cognitivi differenti che per la scrittura; con il risultato che vi possono essere bambini molto capaci e competenti nel leggere e non altrettanto capaci e competenti nello scrivere. Tale distinzione deve orientare il nostro progetto sull'insegnamento della lettura e della scrittura in modo da tener conto che se puntiamo sullo scrivere, possiamo creare dei problemi a quei bambini che inizierebbero non dallo scrivere ma dal leggere e viceversa. Inoltre vi possono essere dei bambini che non sono pronti né per il leggere né per lo scrivere, ma desiderosi, attenti e disponibili all'ascolto di un altro che legge (ecco perchè le frasi, la narrazione deve essere affascinante, emozionalmente forte, anche le piccole frasi devono essere sensate, in quanto chi ascolta deve poter essere incantato, attratto, sedotto, deve poter capire gli avvenimenti, le situazioni con senso, non paroline o letterine staccate). I bambini che trovano difficoltà nel leggere e nello scrivere ma che sono molto attenti nell'ascolto, potranno essere implicati in attività che preparano alla lettura e alla scrittura ma non con esercizi all'interno di tale area; bisognerà che questi bambini, in ambiti diversi dal leggere e scrivere, acquisiscano abilità manuali, competenze di osservazione, di coordinamento oculo-manuale. A tale proposito la pittura, il teatro, la creta, l'ascoltare, il suonare, il fotografare, .... sono ambiti che, pur non essendo lettura e scrittura, preparano mentalmente e sul piano psicomotorio ambienti cognitivi più predisposti ad imparare a leggere e a scrivere. Sottolineo che sul piano educativo-didattico, gli studi e le ricerche di Vygotskij risultano un interessante riferimento in quanto sottolineano che l'apprendimento di una data attività (cioè lo sviluppo di una data competenza) può essere anticipato, non esercitando il bambino in quella stessa attività (cioè in prestazioni) per cui non è ancora maturo (non ancora competente), ma accelerando la maturazione (l'acquisizione della competenza) attraverso l'esercizio (cioè le prestazioni) in attività per cui il bambino sia già maturo (competente) e che siano preparatorie dell'attività che si vorrebbe far apprendere (o della competenza che si vorrebbe sviluppare) più precocemente. La padronanza dello schema corporeo, il sapersi orientare nel tempo e nello spazio diventano altri requisiti forti per apprendere la lettura e la scrittura. Per tutti l'ascoltare gli altri leggere significa desiderare leggere, il guardare gli altri scrivere significa desiderar scrivere, il ricevere un messaggio mandato dallo gnomo Eric significa essere curiosi di sapere cosa ci dice, cosa vuol sapere da noi ed il rispondergli significa desiderare scrivere in maniera adeguata e congruente a quanto ci chiede. Il folletto Eric può descriverci il suo mondo, cosa mangia, come è organizzata la sua casa, cosa utilizza per comprare e vendere, quali sono i mezzi di trasporto, come si veste, come si diverte, come passa il suo tempo libero, se dipinge, suona, ascolta la musica, ... Il mondo di Eric è fantastico e diverso da quello nostro ed Eric può chiedere: "E voi cosa mangiate? Come è organizzata la vostra casa? Quali sono i vostri mezzi di trasporto? Come vi vestite? Cosa utilizzate per comprare e vendere, come vi divertite, .....?". Una corrispondenza con Flic che motiva lo scrivere e il leggere. Le domande di Flic possono essere nell'ambito della storia, dell'aritmetica, della geografia, ... Flic, da folletto furbetto, può insegnare dei trucchi per calcolare (tavola pitagorica), per orientarsi (bussola), etc.... Altro problema che rischia di turbare l'andamento della didattica in molte classi è il passaggio dallo stampatello maiuscolo a quello minuscolo, al corsivo. Una tragedia? Come affrontarla? Lo stampatello ed il corsivo andrebbero inseriti nella ricerca dei significati che spazi, forma, dimensione, colori hanno nell'organizzazione della grafica nel suo complesso. Sicuramente è molto più ricco un approccio che pone il bambino in una dimensione di ricerca rivolta a guardarsi intorno, a scoprire i numerosi significati della grafica osservando giornali, manifesti, pubblicità, fumetti, televisione, ..., ritagliando, incollando, classificando, confrontando, ..., i vari modi e forme di scrittura che ci circondano. I contesti in cui i bambini nascono, crescono, vivono oggi sono radicalmente cambiati solo se ci riferiamo a cinque anni or sono; il contesto è ricco di immagini, di suoni, di notizie, ..., i tempi, gli spazi, hanno assunto altre dimensioni, altri significati, ciò indipendentemente da un giudizio sulla qualità dei messaggi. Oggi la grandissima diffusione e possibilità di produrre immagini, suoni, il basso costo degli strumenti di alta tecnologia per produrre e riprodurre, propone scenari totalmente differenti da quelli accessibili solo pochi anni fa. Un bambino oggi sin dalla nascita può usufruire di alta definizione delle immagini, dei suoni, ciò propone una implicazione sia sul piano della comunicazione che sul piano della maturazione di ambienti cognitivi. In tutti i modi è più adeguato un intervento rivolto a salvaguardare e a sviluppare il pensiero, le competenze di elaborazione di percorsi narrativi attraverso il tipo di scrittura più affine al bambino, piuttosto che correre il rischio di rallentare e/o bloccare le competenze a favore della grafia. Il parlare di linguaggio scritto, stampatello maiuscolo e minuscolo, corsivo, risulta estremamente riduttivo: bisognerebbe entrare in una dimensione multi ed ipermediale utilizzando gli strumenti mediatori che vanno dai tradizionali gesso e penna, dai bellissimi ed affascinantissimi pastelli ed acquerelli, alla possibilità di utilizzare programmi di disegno, scrittura, animazione nell'ambito dell'informatica. Dai collage, alla creta, dal fare i baffi ai personaggi sui rotocalchi, dal creare forme con la cartapesta, al lavorare con il computer, con lo scanner, ..., in questa ampia possibilità di comunicare andrebbero ricercate le possibilità per potenziare le competenze grafiche e comunicative dei ragazzi. La scuola, oggi, con strumenti a poco costo potrebbe divenire la "Lampada di Aladino". Il sapere e le conoscenze, i contenuti in "possesso" degli insegnanti (specialmente negli ultimi anni, attraverso testi, filmati, riviste, complessivamente nel rapido e comodo fluire delle informazioni), quando correttamente utilizzati, hanno determinato facilitazioni nei percorsi di insegnamento e di apprendimento. Inoltre strumenti come registratori, dischi, video, macchine fotografiche, proiettori di diapositive e film, episcopi, lavagne luminose..., per non parlare di strumenti più sofisticati nell'ambito dell'informatica (hardware e software), anch'essi possono potenziare e facilitare i percorsi di apprendimento e di insegnamento. Tattiche, strategie, tecniche e conoscenze possono ed hanno innovato la scuola, facilitando i percorsi di apprendimento e insegnamento, elevando la qualità del sapere valorizzando le diversità e le identità, l'originalità di ciascuno, rispettandole come risorse. Le possibilità attuali, anche con un investimento economico minimo: macchina fotografica, diapositive, registratori... (con gli oggetti-strumenti classici dell'insegnamento: lavagna, gesso, carta, penna, colori...) - che hanno un costo accessibile per tutti e con prezzi inferiori ai giocattoli - sono purtroppo scarsamente utilizzate e buona parte degli insegnanti non è in grado di saperle usare, o non le usa, o se le usa le propone in una dimensione che va dal tempo libero, all' intervallo, al divertimento, ad "attività extra-curricolari". L'organizzare una didattica multimediale, multidisciplinare, capace di suscitare nei ragazzi curiosità, successo, interesse, motivazioni, desiderio di apprendere, piacere di conoscere deve divenire una consuetudine nelle scuole. Colgo l'occasione per inviare i miei saluti. Nicola Cuomo

RISERVATO ALLE FAMIGLIE NON E’ ASSOLUTAMENTE OPPORTUNO SCAMBIARSI LE IPOTESI DI LAVORO IN QUANTO I BAMBINI E LE FAMIGLIE PUR AVENDO LA STESSA X-FRAGILE SONO PROFONDAMENTE DIFFERENTI. I CONFRONTI DEVONO AVVENIRE NEGLI INCONTRI A ROMA. CI PENSIAMO NOI, RESPONSABILI DELLA RICERCA, A FAR CIRCOLARE QUELLE NOTIZIE DI UTILITA’ GENERALE (COME ABBIAMO FATTO). LO SCAMBIARSI SENZA CRITERI I CONSIGLI E’ COME PRENDERE LE MEDICINE DEL VICINO SOLO PERCHE’ SI HANNO GLI STESSI SINTOMI. PERTANTO PER Filippo NIENTE FAVOLA, NIENTE FESTA (PER ORA). E’ veramente importante coinvolgere i compagni di scuola e le loro famiglie in quanto le ricerche fanno emergere che è proprio nella scuola elementare che si vanno a creare dei legami tra i bambini che rimangono più a lungo. I legami propongono possibilità di frequentazioni anche fuori dalla classe e sicuramente sarebbe importante determinare occasioni in cui i compagni di Filippo frequentano la sua casa e Filippo la casa dei compagni. Le esperienze a cui ci rifacciamo “CI METTONO IN GUARDIA” sui rischi, in quanto non è facile determinare condizioni in cui i bambini spontaneamente socializzano, specialmente con amici con necessità speciali, se non vi è un progetto attento a determinare situazioni ed atmosfere adeguate. Il primo invito è quasi sempre accettato dagli amici ma purtroppo nella maggior parte dei casi, in questo primo incontro (quando non vi è stato un progetto), molti si sono annoiati ed il bambino ospitante o ha abbandonato i suoi invitati rifugiandosi in camera sua o non ha permesso loro di giocare o ha litigato facendosi forte del fatto che era in casa sua. Le situazioni che si sono venute a creare frequentemente hanno prodotto tensioni, malcontenti, noia, … pregiudicando l’evolversi delle relazioni. Risulta indispensabile tener conto del rischio che Filippo potrebbe sentirsi invaso in casa e per tale motivo difendersi rifiutando gli amici. Inoltre gli amici di Filippo non saprebbero cosa fare per implicarlo a giocare (non sono loro gli esperti ma noi). Alcune attenzioni che si dovrebbero avere: - Iniziare con visite brevi e con uno o due compagni che già sappiamo essere calmi e in grado di stare con Filippo (le visite brevi e in pochi propongono una gradualità per Filippo, per non sentirsi invaso nel suo territorio); - Chi viene a trovare dovrà portare un regalino e riceverlo a sua volta (lo scambio di doni propone una dimensione affettiva ed emozionale estremamente forte e positiva, lo stesso dono-souvenir propone un ricordarsi dell’evento); - Le visite brevi e lo scambio di doni devono divenire oggetto di osservazione per notare le reazioni di Filippo (si potrebbe utilizzare un registratore e una macchina fotografica per far si che Filippo possa riascoltare e rivedere il momento per rievocarlo e desiderarlo); - Successivamente nell’incontro più lungo (incontro prova che potrebbe accorciarsi se vi è la necessità) bisognerebbe proporre un’attività in cui sia gli amici che Filippo possono in qualche modo partecipare (il preparare un dolce, una macedonia, la crema, … possono essere attività interessanti in quanto il percorso è in previsione di un evento finale gradito, desiderato); - Non lasciare mai Filippo da solo con i compagni e organizzare giochi pensati anche per implicarlo; - Fare gradualmente esplorare la casa ai suoi compagni (un numero di due) stando attenti alle reazioni di Filippo che potrebbe interpretare il toccare i suoi giochi, il camminare per la casa come una invasione che mette a rischio la sua presenza (far aprire e chiudere a lui le porte, interpretare il suo pensiero di far entrare e far uscire, far toccare o no le sue cose dicendo agli amici il perché lo si fa: “…bisogna chiedere il permesso a Filippo di toccare i suoi giochi, farseli passare da lui, altrimenti potrebbe rimanere male, se lui ci dà il permesso è una sua grande manifestazione di affetto, …”); Assolutamente non forzare a dare ed a far usare i propri giochi agli amici dicendogli: “…devi far giocare anche gli altri con i tuoi giochi, … tutti devono giocare con i tuoi giochi…”. Filippo non capirebbe il perché ma si sentirebbe invaso e gli altri gli percepirebbe come invasori. Il pensare che si deve abituare a condividere i giochi non è una buona idea in questo caso. - E’ estremamente importante che i compagni di Filippo vadano via con il desiderio di ritornare. Le cure che ho sopra elencato quale esempio e che raccomando, devono far comprendere che è necessaria molta attenzione per non “bruciarsi” una occasione fondamentale. E’ importante che tale progetto venga confrontato con Cristina che può aiutarvi a preparare l’incontro intervenendo alla preparazione anche nel suo svolgimento. I riferimenti che propongo per progettare incontri in casa sono da tenere in conto anche in altre situazioni: in vacanza, dai parenti, in viaggio, ai giardini, … Ai giardini, per proseguire negli esempi, Filippo può sentirsi attratto dagli altri bambini e/o attrarre l’attenzione di altri bambini. Bisognerebbe essere pronti ad affrontare la situazione con estrema attenzione in quanto può succedere che un altro bambino si senta invaso da Filippo, che lo guardi strano, che si aspetti da lui una stranezza e che quindi reagisca male per timore, ponendosi in difesa. E’ necessario che ci si avvicini agli altri lentamente, sorridendo, mantenendo una distanza che vada a provare se anche l’altro bambino si avvicina, se non si avvicina mantenere la distanza. La mamma può fungere da mediatrice sorridendo all’altro bambino, guardando nel contempo, con sguardo rassicurante, l’altra mamma facendo capire che la situazione è sotto controllo; è successo in altre circostanze che l’altra mamma (avendo dei timori pregiudiziali) abbia richiamato suo figlio. Quando un altro bambino si avvicina a Filippo è bene fungere da mediatore cercando di interpretare le curiosità, i timori, le perplessità dell’altro bambino che magari si è avvicinato ma che non sa come comportarsi. Teniamo conto che i bambini notano le diversità e solitamente hanno in mente quanto hanno detto loro e solitamente quanto è stato detto loro è pregiudiziale e pertanto spesso ne hanno una conoscenza negativa. Ma per fortuna i bambini non credono del tutto a quanto gli viene raccontato e si avvicinano per avere delle conferme o disconferme. Il saper gestire bene la relazione da parte dei genitori può significare far superare i pregiudizi ed iniziare, senza fretta, con tattica una amicizia che può iniziare da un sorriso e pian piano evolversi in un giocare insieme. Il giocare insieme va pensato e bisognerebbe essere pronti all’evenienza proponendo dei giochi possibili, pilotando e spiegando agli altri perché Filippo gioca così, come lo si può implicare ad un gioco, come bisogna parlargli, … E’ il papà e la mamma che devono pilotare l’incontro, spiegare come fare per poter giocare con il proprio figlio, l’incontro necessita di mediazioni da parte degli adulti, da parte di oggetti, di situazioni, … E’ consigliabile che ci si avvicini a bambini un po’ più grandi di Filippo i quali possono capire di più ed entrare in relazione più facilmente, questo rassicurerebbe anche i suoi genitori. Prima di avvicinarsi a dei bambini o ad un bambino in particolare (avvicinarsi per provocare la nascita della relazione, per indurla), osservare il carattere dei bambini, preferire i più calmi, quelli che si muovono sicuri e prudentemente. Naturalmente per i compagni di classe è più facile in quanto sono già in un progetto, per gli altri (estranei e che si incontrano in contesti occasionali) è necessaria una certa abilità da parte degli adulti che devono saper proporre una sorta di presentazione strategica al momento, creare opportunità relazionali, occasioni di conoscenza in tempi brevi con possibilità di graduale sviluppo, situazioni che partono in occasioni e che un giorno dopo l’altro vanno a costruire un rivedersi, un salutarsi, uno scambiarsi dei sorrisi, delle parole, un giocare insieme (molte cose Filippo non le sa ancora esprimere, comunicare, le dobbiamo esprimere noi per lui).

ATTENZIONE AI PRIMI GIORNI DI SCUOLA!
Il primo giorno di scuola è un evento che non riusciamo a dimenticare, lo ricordiamo in quanto sul piano emotivo ed affettivo rappresenta un divenire “bambini grandi”. I genitori solitamente dicono ai loro figli: “L’anno prossimo andrai in prima ...”, “... stai crescendo ...”, “Imparerai a leggere e scrivere, a contare, ..., pensa a quante belle cose conoscerai, dobbiamo comprare i quaderni, l’astuccio con le matite, le penne, i colori, una bellissima cartella, ...”. Il primo giorno di scuola è preceduto da degli eventi che propongono desiderio, forse paura e pertanto risulteranno un riferimento molto significativo per il futuro da “scolaro” del bambino.

I primi giorni di scuola: il desiderio di conoscere.

I primi giorni di scuola sono di consuetudine utilizzati per rilevare competenze e nello stesso tempo si dovrebbero prevedere strategie per superare il rischio di senso di estraneità che può costituire un momento di disorientamento per i bambini, in special modo per un bambino con necessità speciali e le caratteristiche originali di Filippo (cfr. ipotesi di base sugli interventi della ricerca multi ed interdisciplinare x-fragile) che, se VIVE inizialmente come OSTILE, estraneo un contesto, le relazioni, potrebbe porsi in una “opposizione” che si potrebbe prolungare nel tempo. La fretta di iniziare “con il programma”, consiglio sia abbandonata nelle prime settimane della scuola elementare, in quanto se non si determinano, proprio in questo periodo molto delicato, situazioni con valenza affettiva positiva e di fiducia reciproca, si rischiano di innestare dinamiche di rifiuto nel gruppo classe che con molta probabilità proporranno nel futuro problemi.

Gli spazi, gli oggetti, l’aula, devono dire ai bambini: “noi vi aspettavamo”.

Il consiglio che posso dare agli insegnanti, alla luce di altre esperienze risultate estremamente positive, è quello di non preorganizzare gli spazi e gli oggetti in modo che l’aula si presenti come un contesto precostituito, bensì di aspettare la venuta dei bambini per poterlo fare insieme. I bambini dovrebbero essere accolti con questi sentimenti: “Vi aspettavamo, finalmente siete arrivati, questa sarà la nostra aula dove trascorreremo giornate felici insieme, dobbiamo organizzarla, arredarla per farla diventare bellissima,…”( Non dovrebbero essere gli ultimi giorni di scuola quelli di festa ma, e specialmente, le prime settimane ed in particolare in prima elementare.). Il primo giorno di scuola i bambini, entrando in classe, potrebbero trovare i banchi e le sedie raggruppati in due angoli diversi, in tal modo gli insegnanti potrebbero provocare interessanti condizioni da osservare. Tale situazione propone il rilevare le autonomie di ciascun bambino, la capacità di produrre e/o entrare in relazione, di comunicare, di organizzarsi nello spazio con gli oggetti: prendere, trasportare la sedia, trovare e concordare una posizione tale da non rimanere isolati, guardarsi in viso per comunicare, mettersi lontano o vicino all’altro, ... Riporto in questa lettera l’esperienza in una prima elementare in cui si è realizzata l’ipotesi prima accennata nell’ambito di una ricerca sull’organizzazione degli spazi, coinvolgendo attivamente un bambino con caratteristiche simili a quelle di Filippo e della sua patologia) assieme ai compagni, facendo organizzare gli spazi e gli oggetti, implicandoli ad arredare la classe sia per farla divenire un luogo piacevole in cui bisognava star bene, sia in funzione di quanto nel tempo si andava a progettare. Il riferimento all’esperienza può fornire spunti interessanti in quanto propone ambiti e tratti adeguati alle caratteristiche di Filippo. F., bambino di 7 anni con “bisogni speciali”, prima elementare: “F. quando fu invitato a prendersi la sedia, sembrava non aver capito, poi dopo poco, guardando i compagni, la prese anche lui senza darle immediatamente una collocazione nello spazio, attese che più o meno tutti si fossero seduti, poi scelse il suo posto vicino ad A., una bambina che aveva frequentato con lui la scuola d’infanzia” (riduz. dal commento dell’insegnante). La prima osservazione ha fatto notare la capacità di F. di saper comprendere un messaggio, con riferimento al contesto, alla situazione, al comportamento degli altri, ha fatto notare che aveva una preferenza nelle scelte, dimostrata dall’attesa nello scegliere il proprio posto. Inoltre, si sono osservati bambini che tendevano ad isolarsi ponendo la sedia lontano dal cerchio che si era venuto a formare nel centro dell’aula, alcuni di loro che avevano formato un gruppo a sè in quanto, avendo frequentato insieme la scuola d’infanzia, già si conoscevano (bisognerebbe prestare moltissima attenzione a queste dinamiche per non rischiare, oltre che di ritardare il processo di integrazione, di determinare la sensazione di “essere messi da parte” in quei bambini che non conoscono nessuno o che sono “timidi”). Il presentarsi di ciascuno è stata l’occasione per gli insegnanti per scrivere su un cartellone i nomi (primo incontro con la scrittura presentata come strumento utile per ricordare). Ciò ha fatto emergere una constatazione: mentre l’insegnante sapeva leggere e scrivere, i bambini no, come avrebbero fatto ad accoppiare il nome scritto alla persona? Di qui la necessità di portare ciascuno una foto che sarebbe stata posta accanto al nome scritto sul cartellone e di scrivere il proprio nome, ricopiandolo dal cartellone, su un cartoncino da attaccare alla propria camicia. La presentazione: “Come ci chiamiamo, chi siamo, da dove veniamo, cosa fanno i nostri genitori”, ha suggerito di portare, il giorno dopo, disegni, fotografie, ritagli di giornale, ... per presentare la famiglia, i genitori (che per questa attività erano già stati informati), la propria casa, ... I cartelloni aumentano e propongono l’accoppiamento di un linguaggio analogico-visivo, già in possesso dei bambini (foto, disegni, ritagli dei giornali, ...), ad un linguaggio scritto, non ancora in possesso ma comprensibile in quanto le immagini abbinate alle scritte ne suggeriscono i significati. Le foto, i disegni, i ritagli dei giornali, … propongono attività di incollaggio sui cartelloni, di disegno per abbellirli (e continua l’osservazione da parte degli insegnanti sulle capacità manuali, organizzative, linguistiche, ... dei bambini); inoltre, l’appendere i cartelloni alle pareti propone un arredare, un “addobbare la classe”, un “invaderla” affettivamente, attraverso il movimento, con il corpo e gli oggetti. L’attaccare i cartelloni al muro unendoli tra di loro con il nastro adesivo (per farli diventare più grandi), appoggiare i fogli sul pavimento e stendersi su di loro propongono una conquista degli spazi che pian piano portano il forte invisibile segno della presenza di ciascuno, facendo divenire l’aula meno estranea. F., nella esperienza a cui stiamo facendo riferimento, portò a scuola le sue foto e quelle dei genitori, in un album (di cui gli insegnanti erano a conoscenza, in quanto faceva parte di un progetto già svolto alla scuola d’infanzia), dimostrando competenze linguistiche elaborate quando era sostenuto dalle immagini. Le fotografie erano di supporto a F., gli suggerivano quello che doveva dire. F., come comune a molti bambini con x-fragile, aveva difficoltà nel concatenare gli eventi ciò spiegava il perché a volte si rifiutava al partecipare ai lavori in quanto è probabile gli sfuggisse il senso complessivo e le finalità del percorso.

Una attenzione
Per lo sviluppo delle capacità di aver chiaro concatenamenti di senso bisognerebbe evitare esercizi passivi e senza senso, puramente meccanici, in quanto questi non produrrebbero competenze né evolverebbero intenzionalità, mentre il progettare attività che prospettano la scoperta, l’esplorazione delle modificazioni, la realizzazione di ipotesi progettuali ... propone il muoversi mentre si pensa, di agire per insegnare quanto si farà Muoversi e fare per finalità chiare e concordate, muovere le mani per valutare, verificare, trasformare, riparare, modificare, spingere, sollevare, reggere, aiutare, conoscere, decidere. L’acquisire una padronanza del movimento del corpo ed una buona manualità significa anche osservare il fare degli altri, significa vedere l’abilità, l’agilità del corpo, di altre dita per interiorizzare le competenze del fare: OSSERVARE l’agilità del movimento degli altri che dei movimenti che producono effetti, trasformazioni, raffigurazioni per concettualizzare percorsi che potranno essere interiorizzati per poter orientare il mio movimento ed in questo riconoscere un mio percorso. L’osservare gli altri fare, il porgere i ferri dell’apprendista artigiano, ha il significato di apprendere non solo attraverso le parole, ma anche attraverso il vedere, attraverso il sovrapporre le mie mani inesperte a quelle esperte per interiorizzarne la tonicità, la competenza nel movimento congiunto. Se non si è in grado di ritagliare in modo preciso si può guardare la precisione degli altri aiutando: “Gianni aiutami, reggi questo foglio, voglio ritagliare questo bel coniglietto per incollarlo al collage che stiamo facendo; vieni, aiutami, tieni fermo il foglio che ritaglio”. E attraendo l’attenzione del bambino: “Ecco che tagliamo, ecco qua, guarda come pian piano con le forbici seguo il profilo della testa, devo stare attento a non tagliargli l’orecchio…”. Guardare mentre reggo il foglio (aiuto), guardare un altro che taglia significa osservare il movimento delle mani per poterlo ricordare quando anch’io taglierò. L’organizzare gli oggetti nell’aula, inoltre, non richiede in modo dominante una motricità fine, ma un’implicazione del bambino nel gruppo; il dover agire con macromovimenti e con gli altri propone un imitarli e quindi comprendere chiaramente lo scopo da raggiungere. Non solo le parole sono il riferimento ma anche le azioni degli altri, degli insegnanti, dei compagni. F., in tale dimensione, fu percepito dal gruppo classe e si sentì presente in modo attivo. Il decidere in che modo organizzare la classe, disporre i banchi, diede vita a quattro gruppi di lavoro che avevano come scopo quello di rappresentare, disegnando, quattro modi diversi di organizzare gli spazi e gli oggetti, ogni progetto doveva essere presentato, spiegato ai compagni e provato per poterne comprendere, verificando praticamente, la maggiore o minore funzionalità. Rappresentare graficamente l’organizzazione dei banchi e delle sedie, propose riflessioni topologiche e aritmetiche: “Per ogni banco una sedia, una sedia per ogni bambino, tanti bambini, tante sedie tanti tavoli,...”; propose riflessioni sulle grandezze: “Due tavoli uniti offrono uno spazio di lavoro maggiore di un tavolo, così quattro tavoli offrono maggiore spazio di due - spazio doppio, metà ...”, e riflessioni sul piano funzionale: “ I tavoli separati permettono di lavorare da soli; uniti, a due, permettono di lavorare a coppie; a quattro, permettono di lavorare su un grande cartellone comodamente seduti ...”. Si scoprì che i banchi disegnati su ciascun progetto spesso non corrispondevano a quelli presenti nell’aula e che era necessario uno strumento che facilitasse il controllo delle quantità (il numero come la scrittura veniva così incontrato come uno strumento facilitante e non, come spesso avviene, come una difficoltà da superare). Il dover spiegare agli altri il proprio progetto organizzativo dell’aula, propose attività linguistiche ed operative, si scoprì che il significato-parola, per poter essere facilmente compreso e non frainteso, andava integrato con quello grafico, con quello dell’azione. L’integrazione tra parola ed azione, tra pensato ed agito fungeva da verifica; il “collaudare” i progetti propose accomodamenti, modifiche, un risolvere il problema sperimentando l’efficacia delle ipotesi attraverso il verificarle nel loro uso funzionale. Il proporre da parte degli insegnanti la sperimentazione pratica dei progetti sull’organizzazione dell’aula (progetti presentati inizialmente solo attraverso la parola parlata, il disegno) determina lo sperimentare ciò a cui si va incontro quando si passa dal pensiero all’azione, dal dire al fare. I bambini scoprono che si possono pensare molte cose, alcune delle quali realizzabili ed altre no, si scoprono i confini e le differenze tra il fantastico, l’immaginario, il pensare per sognare ed il pensare per fare che necessita di un altro tipo di competenze. F. partecipò attivamente con i compagni, in special modo nello spostamento dei banchi e delle sedie per provare in concreto la funzionalità della loro posizione nello spazio in relazione alle attività che si volevano svolgere. Il provare le diverse modalità di organizzare l’aula, “I banchi un pò più a destra, a sinistra, più vicini a ... più lontani da ...”, permette agli insegnanti di osservare e rilevare le competenze in possesso dei bambini. Le osservazioni, fecero emergere che quando le richieste avevano come prevalenza il linguaggio-parola, F. sembrava non comprendere e quindi non possedere quelle competenze; quando al linguaggio parola si univa l’agito, il movimento, il bambino comprendeva il messaggio ed il suo intervento era attivo ed adeguato. L’uso del linguaggio non verbale, il fornire l’opportunità di imitare , faceva sì che F. partecipasse attivamente al lavoro di classe come e con i suoi compagni. A tale proposito bisognerebbe fare attenzione a non cadere nella comoda posizione di determinare un’assoluta o totale predominanza del non verbale nel comunicare. La trappola in cui si può cadere, se si progetta per Filippo un itinerario didattico con prevalenza non verbale, è quella di non fornire sollecitazioni attraverso la parola riducendo le possibilità di ampliamento di competenze nel linguaggio verbale e scritto. Pertanto risulta fondamentale integrare le due opportunità comunicative. Partecipare ad organizzare un contesto, a concordare un’organizzazione, a decidere, significa essere produttori di quelle regole, di quei segni, significati e suoni; significa conoscerne le motivazioni perché sono state “vissute” e non “subìte”. I primi giorni di scuola, organizzati secondo gli orientamenti accennati in questa esperienza, rilevano e rivelano quei “sa fare” su cui si può organizzare il progetto didattico per Filippo, un progetto finalizzato a superare le difficoltà di apprendimento; significa conoscere Filippo in situazioni e attraverso attività che sembrano lontane dalla didattica ma che rivelano quelle competenze strutturali su cui si può basare il progetto didattico. Osservare, rilevare competenze in situazioni non prettamente didattiche, recuperarle da episodi, aneddoti della vita di tutti i giorni significa potersi riferire a potenziali che aiutano a porre le basi per un progetto che si basa sulle competenze e non sui deficit: una proposta didattica, quella che si basa sulle sia pur minime competenze, che fonda l’incontro con i contenuti sui successi (partendo da ciò che Filippo sa fare) che risultano i propositori di motivazioni e di disponibilità all’apprendimento.

PROCEDURE ISTITUZIONALE CON AUSL E CENTRI CONVENZIONATI

Gentilissima signora, sono contento che abbia trovato una strada per ottenere quanto riteniamo utile per Filippo. Sono altresì contento perchè la ricerca-formazione-azione sta fornendo a lei come ad altre famiglie chiarimenti per le procedure istituzionali sia con le AUSL che con i centri convenzionati, che con le Scuole e gli altri apparati che erogano servizi per bambini e persone con necessità speciali. Di fatti come le sottolienavo vi sono dei passi da fare inderogabili che riassumo sia per lei che per le altre famiglie ed operatori che leggeranno questo messaggio che faccio circolare per far sì che le strategie efficaci vengano acquisite e messe in pratica da tutti: 1. assicurarsi che i Responsabili (con la R maiuscola!) del servizio o della scuola leggano sia la nostra richiesta di collaborazione alla ricerca sia la documentazione che inviamo a ciascuna famiglia (le lettere, i principi della ricerca, le metodologie....), di fatti come noi avevamo previsto e come lei ha potuto constatare i Responsabili di frequente non sono a conscenza della documentazione dell'Università. Penso che come è successo a lei stia succedendo ad altre famiglie e per tale motivo faccio un appello a tutti di imitarla: andare direttamente dal responsabile sanitario o scolastico a riportare le nostre richieste di collaborazione alla ricerca.
2. far capire che le eventuali contestazioni ai disservizi saranno inviati per conoscenza a tutta la gerarchia responsabile (ai "superiori").
3. tener presente che molti "centri terapeutici" sono convenzionati ed accreditati pertanto qualunque contestazione o richiesta fatta in tali centri sicuramente non viene inoltrata alle AUSL (ed ai Superiori) in quanto le strutture accreditate (che sono Privati-convenzionati) non vogliono che si sappia che non forniscono servizi adeguati. Non fanno conoscere quindi le contestazioni e le lamentele perchè non sono a loro vantaggio.
4. fare in modo che tutti i terapisti, gli insegnanti, ricevano copie della documentazione che noi inviamo assicurandosi che l'hanno effettivamente letta. Spesso si consegnano le documentazioni o solo direttamente ai terapisti o solo e direttamente agli insegnanti di sostegno. Il rischio è che la documentazione rimanga ferma in queste mani (bisognerebbe, specialmente all'inizio della terapia e dell'anno scolastico, oltre che di seguito quando vi arrivano documentazioni signficative, leggere insieme le nostre relazioni-lettere).
5. chiarire il P.O.F. e il P.E.I. sottolineando che le responsabilità didattiche e del programma scolastico sono della scuola e che noi, anche in relazione alla legge 104, possiamo essere di ausilio per suggerire strategie facilitanti l'insegnamento e l'apprendimento.
6. evitare da subito strategie che spesso gli insegnanti mettono in atto di portar fuori dalla classe il bambino/ragazzo con X Fragile portando la scusa: "il bambino dopo due/tre ore si stanca". Questa scusa non tiene perchè il bambino si stanca solo e soltanto se le attività non sono pensate in maniera adeguata (non è che dopo due/tre ore il bambino va a dormire e si sveglia il giorno dopo; il bambino passa ad altre attività che vanno a spezzare la monotonia).
7. le attività riabilitative vanno messe in atto fuori dagli orari scolastici
8. per quanto riguarda le riduzioni causate da ristrettezze economiche prodotte dai fondi istituzionali, queste vanno calibrate e i bambini e le persone con bisogni speciali sono gli ultimi a dover essere penalizzati.

Naturalmente i punti sopra scritti dovranno avere uno sfondo progettuale, motivazioni documentate, in modo che le scelte e le opzioni siano a totale vantaggio della famiglia e del bambino e/o della persona con bisogni speciali. Bisogna che anche questi vantaggi sulle procedure istituzionali che lei ha ricevuto avendo gli orientamenti dalla ricerca, siano tenuti in considerazione nelle linee ed azioni di efficacia che valutano la ricerca stessa. Di fatti la ricerca intervenendo a livello contestuale cura sia gli aspetti prettamente legati al superamento delle difficoltà di apprendimento sia gli aspetti che hanno l'obiettivo di facilitare lo svolgimento delle azioni sul piano istituzionale.
Cordiali saluti
Nicola Cuomo

Il concatenamento narrativo

La metodologia della nostra ricerca in Pedagogia Speciale per dinamizzare l’esperienza, per farla espandere con senso in un ricordo, in un processo che provoca pensiero e linguaggio in Filippo, necessita oltre che di una chiarezza che la renda distinta di una sua collocazione emozionale che la concateni a forti eventi affettivi vissuti. La forza del ricordo sta principalmente proprio nelle impronte emozionali che gli eventi propongono, in un determinato tempo, situazione particolare e distinta. Eventi che a noi possono sembrare del tutto secondari(come la pipì e la cacca) , accadimenti marginali possono lasciare, se sono incisivi sul piano emozionale, in bambini come Filippo una forte impronta nella loro memoria. Risulta importante da una parte rilevare dare una impronta affettiva agli eventi per farli divenire forti. Il lavoro che stiamo facendo tramite la dott.ssa Imola prima e con Cristina ora sta nell’analizzare quali sono stati e sono i climi, le atmosfere affettive che risultano forti per Filippo per far si che la memoria del bambino ne venga impressionata emozionalmente tale da conservare chiaramente quel ricordo in quanto l’evento acquista una impronta affettiva. Il progetto per Filippo sta seguendo l’impalpabile sensibilità di bambini come lui per poter replicare quelle situazioni emozionali che sono in grado di lasciare forti impronte. Ricercare le condizioni, i contesti, le situazioni che hanno lasciato in bambini come Filippo, con x-fragile, nel tempo profonde tracce significa poter ipotizzare percorsi per fermare nuovi ricordi e con questi più amplie competenze. La Concatenazione Narrativa a cui si fa riferimento nella ricerca in Pedagogia Speciale, non propone una sequenza freddamente logica di informazioni esatte (questo era stato da voi già fatto e sicuramente non volevate confondere Filippo con illogicità né con percorsi ed esercizi incomprensibili e sibillini), la Concatenazione Narrativa offre la sua sensatezza legandosi agli eventi ed al loro svolgimento nella relazione, nelle atmosfere, nei contesti adeguati, la Concatenazione Narrativa propone una lettura delle esperienza in un susseguirsi di eventi forti sul piano affettivo, e consecutivi come in una narrazione. E' tale forza affettiva nella relazione, nelle situazioni, nei contesti, nelle atmosfere, nelle parole che propone quella chiarezza non solo logica ma intima e legata alla fiducia nell'altro, nel papà, nella mamma, nell'adulto. Una fiducia che va al di là della comprensione logica, una fiducia che fa capire perché me lo ha detto la mamma, il papà.. Una fiducia che anche quando si diventa adulti e magari si comprende che quanto i nostri genitori ci avevano detto non era molto logico né estremamente adeguato ci fanno compiacere di averli ascoltati. Ascoltati in un apprendere non tanto i contenuti logici ma il loro volerci bene, un bene che ci ha fatto andare avanti con l'emozione di conoscere ed il desiderio di esistere. Un aver fiducia che anche oggi che possediamo gli strumenti culturali per controbattere ai nostri nonni ci piace applaudire alla loro saggezza (non misurandoli nella loro capacità di logica). La favola della cacca, l'immaginare che va lontano, che viaggia, è questa la linea che vogliamo seguire per lo sviluppo cognitivo di Filippo non i trattati di igene! Attenzione a non perdere di vista il filo di Arianna che ha salvato Teseo non attraverso la logica!

Admin
Admin

Numero di messaggi : 122
Data d'iscrizione : 08.07.09

https://xfragile.forumattivo.com

Torna in alto Andare in basso

Torna in alto

- Argomenti simili

 
Permessi in questa sezione del forum:
Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.