X Fragile - Il Filo di Arianna
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PARTE QUINTA

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Messaggio  Admin Mar Mar 30, 2010 5:26 pm

28 ottobre 2009, la mamma di Alberto scrive:

Buonasera,
ieri c'è stata una riunione a scuola in occasione dell'elezione dei rappresentanti di classe. Al termine di tale riunione, l'insegnante di italiano mi ha chiesto di parlare con lei. Abbiamo parlato di un progetto sull'integrazione scolastica che io ed altri genitori abbiamo presentato alla responsabile del gruppo handicap e del quale era stato parlato al collegio dei docenti.
Beh, devo dire che a parlarci così sembra il meglio che uno possa desiderare per suo figlio: attenta, premurosa, competente...mi ha persino detto che il bambino ha grandi capacità!
Al contrario, come lei ben sa, da ciò che le hanno riportato sia Silvia che l'insegnante di sostegno, in classe e, in particolare, con Alberto è tutt'altra cosa.
Io sinceramente non so più che cosa pensare e, soprattutto, in che modo muovermi.
Infatti non penso sia opportuno riferirle che so che cosa succede durante le varie lezioni grazie ai diari di Silvia e ai colloqui con l'insegnante di sostegno
Altrimenti ciò potrebbe danneggiare il già precario rapporto che ha con entrambe.
Ha detto che mi ammira per quello che sto facendo, per l'impegno...mentre durante la programmazione di qualche giorno prima, ha ammesso, in accordo con quella di matematica, che non non gli piaccio perchè, parole loro, "dico di sì, ma poi faccio sempre come voglio".
Non ci capisco niente!

29 ottobre 2009, il professor Cuomo risponde alla mamma di Alberto:

Gentilissima signora,

le consiglio di:
-fidarsi delle osservazioni di Silvia per vedere se effettivamente il suo incontro, unitamente al suo nuovo ruolo a scuola, ha fatto cambiare le modalità di rapporto con il suo bambino.
- Noi continueremo a ricercare opportunità per lo sviluppo dei potenziali: pertanto spero che le insegnanti si trovino davanti sempre un bambino più maturo(la maturità aiuta anche a difendersi dalle diffidenze delle insegnanti).
- Spero anche che le diffidenze (indubbiamente indecenti) si stiano dissolvendo.
- Lei continui circa una volta la settimana (come una medicina) a fermare le insegnanti parlando da madre quindi di aneddoti affettivi più che didattici e di apprendimento: ora ha incontrato la responsabile di linguiistica, poi incontri quella di matematica, poi nuovamente quella di linguistica,...
- Non abbassi la guardia e quando le diranno che lei fa di suo conto dovrà sottolineare che lei sta facendo quanto la ricerca propone e consiglia anche alle insegnanti!
Stia allerta e Silvia aguzzi la vista e l'udito riportandoci fedelmente come ha fatto sino ad ora (è di lei che dobbiamo veramente fidarci).
Stia allerta perchè non mi fido tanto del comportamento a banderuola di queste insegnanti in quanto il bambino ora sta rispondendo molto bene e con gradualità, e se ha un momento di arresto per poi ripartire?
Come spesso avviene certi bambini sembrano fermarsi invece stanno preparandosi ad un salto qualitativo per poi ripartire più maturi, in questo caso le insegnanti saprebbero con noi attendere o cambiano idea rapidamente su suo figlio?

Buon lavoro
Nicola Cuomo

30 ottobre 2009, Silvia invia il diario di Alberto del 26 ottobre:

A SCUOLA

Sono entrata in classe e Alberto giocava con i pupazzi; l’ho salutato, lui ha contraccambiato il saluto e poi ha ripreso a giocare. Mi siedo vicino a lui, prendo nello zaino il quaderno di matematica e osservo; leggo le favole scritte dalla maestra di sostegno e guardi i disegni per fare qualcosa di simile. La maestra fa sedere i bambini perché sta per iniziare la lezione, ma Alberto continua a giocare con i pupazzi. Allora mi alzo e dico: “Alberto mettiamo a posto i pupazzi che iniziamo a fare matematica” e lui “No” e continua a giocare. Dentro di me ho pensato: “Si comincia bene con questa risposta secca!” mi avvicino ancora un po’ a lui e gli dico di mettere a posto i giochi così poi andiamo a raccontare una storia che parla di alcune chiocciole. Questa volta ubbidisce e mette i pupazzi nella scatola, ci sediamo al banco, Alberto prende l’astuccio ed il pongo e mi dice: “Si va a casa quando l’orologio segna l’una!” ed io “Si, andiamo a casa all’una”
Lui : “Tu vai a casa?”
Io: “Si, all’una insieme a te”
Lui: “Tu vai a casa tua e io a casa mia”
Io: “Si, usciamo insieme e poi io vado a casa mia e tu con mamma Katy”
La maestra, che sta parlando della sottrazione, chiama Alberto e gli chiede: “Alberto prendi i pupazzi dalla scatola e mettili sulla cattedra”
Alberto esegue il comando e la maestra gli dice: “Grazie, vai a posto”
Alberto torna a sedersi vicino a me e mi guarda con la faccia perplessa come per dire: “Ma che senso ha tutto questo?”; io gli dico: “La maestra aveva bisogno del tuo aiuto per mettere i pupazzi sulla cattedra”
Soddisfatto della risposta, si gira e prende il pongo ed io: “Bravo, facciamo le chiocciole”
Intanto scrivo e disegno la favola delle chiocciole:
‘Nel giardino (disegno del giardino) di Alberto (faccia di Alberto) ci sono 4 chiocciole (disegno le chiocciole) che vanno sopra 4 fiori (disegno dei fiori), ma non ci riescono, perché c’è un sasso (disegno del sasso) che ostacola la strada (disegno della strada); allora dicono: “Alberto (faccia di Alberto) ci aiuti a spostare il sasso (disegno del sasso) così possiamo andare sui fiori? (disegno dei fiori) Alberto (faccia di Alberto) sposta il sasso (disegno del sasso) e mette le 4 chiocciole (disegno delle chiocciole) sopra i 4 fiori (disegno dei fiori)’
Mi giro e dico: “Alberto, ma le chiocciole?”
Lui alza la mano e mi fa vedere una chiocciola ed io: “Scusa, non l’avevo vista! Ti aiuto a farne delle altre, perché ci sono 4 chiocciole”
Prima facciamo dei serpenti e poi una pallina per il guscio; mettiamo la pallina sul serpente ed ecco la chiocciola!
Io: “Bene, ti leggo la storia”
Mentre leggo, indico i disegni e Alberto dice cosa sono, ma si distrae e partecipa malvolentieri . allora prendo il pongo, costruisco il sasso, i 4 fiori e racconto la storia animando le chiocciole che si girano verso Alberto e chiedono di essere aiutate a spostare il sasso. Alberto risponde di si e sposta il sasso; poi, da solo, mette le chiocciole sui fiori. Dopo, scrivo sul quaderno ‘Contiamo le chiocciole e disegniamo le palline: una pallina è una chiocciola ’
Disegno le chiocciole e Alberto, prima di disegnare le palline, mette sopra ad ogni chiocciola una pallina di pongo, le conta, dice il numero e disegna le palline.
In seguito, disegno 4 fiori e 4 chiocciole; lui le deve ritagliare ed incollare sopra i fiori. Alberto prende il foglio delle chiocciole e le taglia senza il mio aiuto; riesce a gestirsi da solo, complimenti!
Finisce di tagliare e poi ascolta la maestra che chiede ai compagni di contare a voce alta da 40 fino a 0. I bambini chiedono: “Anche Alberto?” e la maestra “No, Alberto fa un altro lavoro”
Poi si avvicina a me e chiede: “La maestra di sostegno ti ha lasciato scritto quella che devi fare con Alberto? Sono le quantità, vero?”
Io: “Si, la maestra di sostegno mi ha scritto cosa fare sulle quantità”
Maestra: “Bene, bene. Allora bambini iniziamo a contare: 40…”
Mentre la maestra torna alla cattedra, Alberto posa la colla e dice: “39, 38…”
Io: “Alberto incolliamo”
Lui ha continuato a dire qualche numero e poi è stato in silenzio e fermo fino alla fine dei numeri, quindi ha ripreso la colla e ha incollato le lumache sopra i fiori. Io l’ho osservato e, dentro di me, ha detto: “Silvia zitta, incolla dopo. Vai Alberto, continua a contare!”
Io: “Con queste palline di pongo facciamo le addizioni”
Le ho scritte sul quaderno. Alberto legge il numero, mette tante palline quante ne indica il numero, riconosce il segno dell’addizione dicendo “si aggiunge”, legge l’altro numero, aggiunge le palline, conta tutte le palline che ha messo ed ecco il risultato.
Suona la campanella della ricreazione. Andiamo a prendere la bacinella della frutta, anzi prima ci laviamo le mani e, poi, davanti alla bacinella della frutta, dico: “Non mi ricordo cosa si deve fare”
Allora lui, di sua iniziativa, prende la bacinella da sotto il carrello, prende la frutta (3 banane).
Io: “4 mele, 4 susine, 3 pere” e lui esegue.
Esce la maestra e dice con tono di rimprovero per la dimenticanza: “Prendi i coltelli e l’altra bacinella piccola per le bucce”
Io: “Scusa mi sono dimenticata di dirlo ad Alberto”
La maestra lo spinge in classe dicendo: “Guardate, Alberto ha preso la frutta!portala sulla cattedra”
Lui si gira e da a me la bacinella di frutta, non vuole portarla sulla cattedra (probabilmente si è emozionato per essere stato catapultato all’attenzione dell’intera classe).
Io: “Uuu com’è pesante! Mi aiuti portarla sulla cattedra?”
Allora mi sorride e mi aiuta, alza la testa e vede che sul suo banco non ci sono né la tovaglietta né la bottiglietta dell’acqua per cui va a prenderle nello zaino e le mette sul banco; si avvicina alla cattedra per prendere la fretta. Dopo aver mangiato prende i pupazzi, ma li lascia sul banco per andare in bagno. Torna in classe, vorrebbe giocare con i pupazzi, ma non può, perché io ed i compagni lo invitiamo a giocare a domino. All’inizio non vuole venire, poi dico: “Tieni, distribuisci le carte ai tuoi compagni e anche a te”
Allora si siede, distribuisce le carte ai suoi compagni . Io indicavo con il dito il bambino al quale doveva consegnare la carta. Inizia il gioco: Alberto riconosce le figure e mette quelle uguali vicine.
La maestra torna in classe e dice di andare al posto, perché deve iniziare la lezione. Mentre metto a posto i giochi, lui prende i pupazzi, ma io gli dico di metterli nella scatola e lui dice: “Falla finita!”
Io: “Metti i pupazzi a posto perché dobbiamo scrivere due avvisi a mamma Katy”
Allora ubbidisce, ma rimane in piedi vicino a me e dice: “Tu vai via?”
Io: “Si, all’una insieme a te”
La maestra prende i volumi: un dado per il cubo, una palla grande per la sfera e la cimosa per il parallelepipedo, poi chiama Alberto: “Prendi la palla e falla rotolare sul pavimento”
Lui esegue. Maestra: “La palla rotola da sola o va spinta?”
Lui: “La spingo”
Maestra: “No, Alberto”
Lui: “Rotola”
Maestra: “Bene! Ora prendi il dado e fallo rotolare”
Lui prende il dado e lo lancia. Maestra: “Alberto, il dado rotola o va spinto per muoversi?”
Lui: “Rotola”
Maestra: “Sei sicuro?”
Lui: “Va spinto”
Maestra: “Bravo, vai a posto”
Si avvicina a me, ma non si siede. Se prima di essere chiamato era arrabbiato, ora lo è ancora di più. Prendo i volumi fatti con il cartoncino (ho preparato la forma estesa ed ora vorrei ricostruire i vari solidi insieme ad Alberto) e le foto fatte ai vari oggetti simili ai solidi trattati. Alberto si siede e guarda le foto. Chiedo se desidera aiutarmi a ricomporre i volumi, ma si rifiuta; allora inizio ad incollare, ma le varie parti si scollano. Prendo il nastro adesivo. Alberto vorrebbe tagliare il nastro, ma sta per prendere un pezzo troppo lungo. Intervengo per ridurre la lunghezza del nastro da tagliare, ma si gira e mi dice: “Mi lasci!”
Io: “Ti aiuto perché la maestra brontola se si spreca il nastro adesivo”
Allora si lascia aiutare e mette i pezzettini di nastro adesivo sui volumi.
Mi chiede di giocare con i pupazzi; rispondo di si. Lui li prende, si siede al suo posto e mi butta tanti baci; si rilassa, mi sorride. Infatti, quando suona la campanella, li mette a posto, chiude lo zaino, prende il giacchetto, si mette in fila con i compagni e usciamo.

Alberto è nervoso, perché la maestra di sostegno ha vietato di usare i pupazzi in quanto, secondo lei, il fatto che il bambino canti mentre li sbatte è una stereotipia; inoltre, in questo modo, si isola, canta sempre le stesse canzoni, non gioca con i compagni e, dopo la ricreazione, anche se mette a posto i pupazzi, continua a cantare e partecipa poco all’attività .

Con me, canta le canzoncine mentre preparo l’attività, ma, quando deve partecipare, è attivo.
Io, sinceramente, gli facevo usare i pupazzi per permettergli di rilassarsi un po’; per dargli l’opportunità di ritagliarsi un momento in cui stare con se stesso (a ricaricare le pile).
Si, è vero, non gioca con i compagni, ma canta le canzoncine all’orso Teddy, al pagliaccio e al gatto Silvestro facendoli ballare; a volte sbatte i pupazzi sul tavolo.
Vorrei che giocasse con i compagni, ma, quando mi avvicino, si allontana con un’espressione seria come per dire “Mi disturbi”. Questo è il suo momento; un momento in cui può essere se stesso e ricaricare le batterie.

A CASA

Nel pomeriggio sono andata a casa sua. Appena mi ha visto ha detto: “Vai a casa”
Io: “E’ una bella giornata, c’è il sole e si sta bene fuori”
La mamma: “Alberto porta Silvia lungo la strada e falle vedere le farfalle e le api che si posano sui fiori. Ti ricordi? Quando siamo andati noi, le abbiamo viste. Falle vedere anche a Silvia così lo racconta anche al suo bambino Alessandro, perché dove abita lei ci passano tante macchine e non ci sono le api e le farfalle”
Io: Si, andiamo! Portiamo la telecamera e le schede della canzone e raccogliamo i fiori, i rami…”
Alberto si mette le scarpe e prende la busta con le schede dalla madre; io prendo la telecamera e usciamo in giardino.
Alberto: “Posso usare la telecamera?”
Io: “Certo che la puoi usare anche te! Posiamo le schede sul tavolo e andiamo a vedere i fiori”
Usciamo da cancello; chiedo se mi da la mano e lui, sorridendo, mi dice di si.
Camminiamo lungo la strada, mi prende la telecamera e riprende la strada che percorriamo: gli ulivi, il bosco (lo aiuto ad usarla); mentre riprendiamo narro.
Passano le auto e lui cammina tranquillo da una parte. Arriviamo ai fiori e dico: “Che belli questi gialli! Aiutami a raccoglierli così li mettiamo nel collage”
Lui li raccoglie e li tiene in mano fino a casa. Appena ha raccolto i fiori, mi chiede di tornare a casa, ma, proprio in quel momento arriva un trattore, ed io: “Guarda, un trattore! Com’è grande! Vediamo in quale campo va a lavorare”
Lui: “No, andiamo a casa”
Io: “Va bene”
Però, quando il trattore passa vicino a noi, Alberto si ferma e lo guarda con attenzione fino a quando non sparisce.
Io: “Mamma mia com’è grande! Guarda, ha dentro un attrezzo che serve per lavorare la terra. Ah, va via! Pensavo che andasse a lavorare in uno di questi campi!”
Lui non dice niente. Ci incamminiamo verso il giardino di casa. Io: “Alberto cerchiamo la scheda del fiore” e la prendiamo “mettiamo i fiori….ma dove sono?”
Lui: “Sono nell’erba”
Li prendo e li metto sulla scheda: “Come inizia la canzone?”
Lui: “Per fare un tavolo ci vuole il legno”
Io: “Prendiamo la scheda del legno. Bene! Andiamo a cercare nel tuo giardino i pezzetti di legno, la corteccia per l’albero, le foglie, il ramo, la terra…”
Alberto mi segue e io dico: “Oh, vediamo se si trova il legno. Vediamo un po’ qui”
Lui: “Ecco il legno”
Io: “Mi sono dimenticata la busta, mettiamoli sullo scivolo”
Alberto mette i pezzetti di legno sullo scivolo. Io: “I rami” e lui prende i rami e “Ecco i rami”
Io: “Le foglie. Prendiamo queste marroni, va bene?”
Lui: “Si” mentre prende le foglie e tiene in mano un ramo.
Io : “Ora serve la busta. Andiamo a prenderla?”
Lui: “Tu la vai a prendere”
Io: “Va bene! Mi aspetti qui?”
Lui: “Si, aspetto qui” mentre gioca con il ramo e canta la canzone ‘Ci vuole un fiore’.
Quando torno con la busta, dico: “Mi aiuti a mettere gli oggetti nella busta?”
Lui: “No”
Io: “Dai, aiutami, perché ho le mani occupate. Una tiene la telecamera e l’altra la busta. Non riesco a metter dentro gli oggetti”
Allora si avvicina e, prima di mettere tutto nella busta, cantiamo la canzone per vedere se abbiamo preso tutto. Manca la terra. Mettiamo gli oggetti dentro la busta.
Io: “Ohh!” casca il ramo e Alberto lo prende e lo mette nella busta, mentre io afferro bene i manici.
Mentre ci incamminiamo verso il tavolo, Alberto si volta e dice: “Questo è il bosco” (ai piedi del suo giardino c’è una collina con il bosco)
Io: “Si, bravo il bosco, la montagna, la terra..”
Arrivati al tavolo, mettiamo gli oggetti corrispondenti alla fotografia della scheda.
Io: “Manca la terra! Andiamo a prenderla”
Lui: “Poi vai a casa”
Io: “No, facciamo il collage”
Lui: “Tu fai il collage, io ascolto la canzone”
Io: “La canzone si può ascoltare anche mentre si fa il collage”
Lui: “Prendiamo la terra e tu fai il collage”
Io: “Da sola non mi ricordo come si fa il collage, poi i fogli, la colla, i pennelli…dove sono?”
Lui: “Si prende la terra, si fa il collage e poi tu vai via?”
Io: “Si, dopo il collage vado via”
Prendiamo la terra.
Io: “Ecco la terra” e mentre prendo una zolla, Alberto: “Ecco la terra” e ne prende una anche lui.
Io: “Bravo, anche quella è terra”
Quando arriviamo al tavolo del giardino,andiamo in casa a prendere il necessario per fare il collage. Alberto non vuole prendere i pennelli, perché vuole usare le mani per stendere la colla. Torniamo in giardino, al tavolo, e stendiamo la colla sul foglio con le mani per incollare la terra. Prima di stendere la colla sul foglio, Alberto stende la colla su tutta la mano e poi sul foglio.
Io: “Com’è dura questa zolla, mi aiuti a spezzettarla?” e lui mi aiuta, ma poi vuole andare a lavarsi le mani. Andiamo e poi torniamo a fare il collage; stendiamo la colla ed incolliamo i rami. Adesso Alberto stende la colla solo sui fogli con le mani ed io incollo gli oggetti narrando quello che faccio e lui osserva. Andiamo a lavarci le mani, mettiamo a posto e poi ci salutiamo e mi sorride.

2 novembre 2009, il Professor Nicola Cuomo e la dottoressa Alice Imola rispondono scrivendo i commenti riguardo il diario di Alberto del 26 ottobre:

A SCUOLA

L’interrogazione della Maestra deve avere sempre la finalità di incuriosire, di far scoprire, di affascinare, la Maestra deve conquistare e sedurre dando la sensazione di essere implicati in un percorso magico dove, la Maestra, propone ed insegna i sortilegi della mente.
La Maestra deve rivelare i segreti della natura, della cultura ed è in questo modo che deve affascinare i bambini. La Maestra deve creare quelle splendide e misteriose atmosfere che come nella favola del “flauto magico” coinvolge e affascina attirando a se l’intera classe.
La Maestra deve produrre l’invidia di chi non è implicato in quel momento nella verifica e non il “per fortuna non mi ha chiamato.
La Vera Maestra deve produrre i climi dell’emozione di conoscere.
Insegnare non significa determinare trappole producenti il rischio di fare brutte figure o “di mettere a repentaglio la “propria faccia” di fronte ai compagni.
Se i bambini (ed in particolare i bambini come Alberto che hanno una profonda sensibilità) fiutano tali rischi perdono quella fiducia, quella stima, ammirazione, rispetto indispensabile, fondamentale, per affidarsi nelle braccia dell’Insegnante.
L’interrogazione dell’insegnante deve in un certo senso suggerire le competenze, porre quei requisiti, aprire la mente, suggerire i percorsi mentali adeguati durante la spiegazione stessa.
Tale comportamento va riservato a tutti i bambini ed è indispensabile per bambini come Alberto.
La Maestra deve quasi suggerire il percorso migliore per risolvere il problema, per arrivare alla scoperta, per fare bella figura con i compagni.
Tutti elementi e strategie che si definiscono quali facilitanti gli apprendimenti.
Alberto necessita di tali strategie e percorsi facilitanti per legge, tutti gli altri bambini per adeguatezza didattica! La lezione-verifica-interrogazione (non è chiaro cosa avesse in mente l’insegnante), come è stata descritta da Silvia produce una dimensione con gravissimi rischi per Alberto.
“…La maestra prende i volumi: un dado per il cubo, una palla grande per la sfera e la cimosa per il parallelepipedo, poi chiama Alberto:
“Prendi la palla e falla rotolare sul pavimento”
Lui esegue.
Maestra: “La palla rotola da sola o va spinta?”
Nella domanda “la palla rotola da sola o va spinta” vi è una fortissima ambiguità nella mente della maestra ed una estrema chiarezza nella mente di Alberto.
Difatti Alesio ha ragione la palla va spinta.
Difatti risponde nell’unico modo possibile ed è una risposta corretta..
Lui: “La spingo”
Difatti la palla per rotolare deve essere spinta.
Maestra: “No, Alberto”
Al no della maestra il bambino sceglie la seconda opzione e dice “Rotola”
Lui: “Rotola”
Maestra: “Bene!”
Alberto sceglie la seconda opzione perché se la prima non è accettata alla maestra sicuramente sarà la seconda quella esatta.

Alberto in tal modo sta apprendendo i trucchi di rispondere come vuole la maestra non sta apprendendo.
Se la maestra volesse effettivamente far apprendere non utilizzerebbe due opzioni con una ambiguità logica ma direbbe:
Sia la palla che il cubo se io li spingo si spostano ma vediamo questa importantissima differenza - la palla rotola (e quindi continua ad andare anche dopo la mia spinta per un po’)
- il cubo si sposta anche lui ma si ferma subito.

Se la maestra volesse verificare la comprensione potrebbe dire:
Vediamo con il parallelepipedo, se lo spingo farà come la palla o come il cubo?
La maestra però continua a disorientare Alberto in modo molto grave per il suo sviluppo cognitivo e per la fiducia in se stesso e nell’insegnante e gli dice:
“Ora prendi il dado e fallo rotolare”
Ha detto ad Alberto di far rotolare il dado non di spingerlo!
Alberto in realtà lo fa rotolare non lo spinge e quindi ha eseguito alla perfezione il comando.
Ma l’insegnante continua nel disorientarlo (un disorientamento concettuale, nelle azioni, nelle intenzioni, nel linguaggio, nei sensi del movimento (questo è molto grave per un bambino come Alberto).
Lui prende il dado e lo lancia.
La maestra lo disorienta dicendogli:

Maestra: “Alberto, il dado rotola o va spinto per muoversi?”

Alberto è sicuro di quanto ha fatto, della sua intenzione, dell’aver capito il linguaggio e quindi l’ordine, di aver agito sul piano motorio per far rotolare,… è convinto e quindi dice “rotola”.
Lui: “Rotola”
Alla sicurezza di Alberto l’ insegnante risponde minandola e mettendola in crisi anche sapendo delle problematiche dell’ansia dei bambini come Alberto. Dire a bambini ed a persone come Alberto “sei sicuro?” significa demolirlo!
Maestra: “Sei sicuro?”
Alberto, a questo punto, stanco, molto probabilmente in uno stato di ansia, lascia da parte la ragione, la sua sicurezza, la sua intenzionalità, i sensi del linguaggio, la volontà motoria adeguata,…
rinuncia al pensare scegliendo la seconda opzione in modo passivo rispondendo: “Va spinto”
Maestra: “Bravo, vai a posto”
Il “bravo” della maestra è molto violento in quanto significa:
“ricordati che io ho sempre ragione e tu devi fare solo e soltanto quello che io ti dico”.
Questa maestra, se quanto Silvia ha riportato è fedele, è pericolosissima sia per tutti i bambini che in particolare per Alberto.
Il ritorno da Silvia vede Alberto incupito: "Si avvicina a me, ma non si siede. Se prima di essere chiamato era arrabbiato, ora lo è ancora di più.”

Passiamo dalla scena con la maestra alle riflessioni di Silvia
Passando dalla pericolosissima scena prima descritta da Silvia circa il comportamento della maestra a quanto Silvia ha scritto: “Vorrei che giocasse con i compagni, ma, quando mi avvicino, si allontana con un’espressione seria come per dire “Mi disturbi”. Questo è il suo momento; un momento in cui può essere se stesso e ricaricare le batterie”. Cara Silvia se ti riferisci con il “ricaricare le batterie” il riprendersi dagli attacchi, dalle trappole, dalle perverse domande della maestra ciò non è possibile, bisogna che la maestra cambi modalità oppure si deve cambiare maestra!
Invece per quanto riguarda il socializzare di Alberto, il giocare con i compagni questo deve essere un nostro obiettivo, siamo noi che dobbiamo inventare le occasioni, le circostanze per la socializzazione e per la nascita del desiderio di giocare insieme.
Alberto in particolare, ma anche gli altri, non sono né educatori, né pedagogisti, necessitano per giocare insieme e per desiderare farlo, di un vero progetto, necessitano che qualcuno glielo insegni.
Il socializzare, il giocare insieme, il saperlo fare è molto più difficile che l’aritmetica non è vero che i bambini lo fanno spontaneamente bisogna insegnarglielo e con tante strategie.
Quindi devi pensare ad un piano strategico per far nascere le occasioni relazionali, per imparare a giocare insieme, per far nascere e mantenere una amicizia.
Da soli i bambini non ci riescono. Come hai visto Alberto non ci riesce, devi ipotizzare occasioni e strategie!

A CASA

Il pomeriggio in casa mi sembra che sia andato bene ed emerge sia il carattere forte di Alberto sia la sua disponibilità a collaborare quando il progetto è sensato e chiaro. Sia il carattere forte che il distinguere percorsi sensati da quelli inutili sono caratteristiche e competenze che vanno custodite e educate. Il carattere forte è oppositività quando è totale, quanto il carattere forte richiede dimostrazione di fiducia, di considerazione Alberto lo percepisce e diventa collaborativo.
Il carattere forte gli serve per resistere agli attacchi della maestra (lo sottolineo se è proprio così come la descrive Silvia ribadisco che va cambiata prima che produca seri ed irreversibili disorientamenti in Alberto).

2 novembre 2009, la mamma di Alberto scrive:

VARIE MODALITA’ DI ESECUZIONE DEI COMPITI A CASA II

1) VIDEO

Comando: Completa incollando l’albero nel quadro giusto

quadro inverno: neve, alberi spogli carichi di neve
quadro primavera: tulipani in primo piano, alberi fioriti, sole
quadro estate: alberi carichi di frutti, fiori, sole

albero inverno: spoglio
albero primavera: carico di foglie e fiori
albero estate: carico di foglie e frutti

ho colorato gli alberi e i vari paesaggi usando gli stessi toni di colore così da definire un unico albero inserito in un unico paesaggio così da trasmettere il messaggio che pur cambiando di aspetto rimangono sempre loro: sono le condizioni ambientali e climatiche a variare

Condizioni iniziali: siamo stati a trovare i nonni e a fare un giro sulla fiera per cui Alberto è tra lo stanco e l’annoiato; avevo programmato questo lavoro per domani, ma io e Alberto abbiamo deciso di andare in piscina.

Esecuzione:

ho colorato io i quadri e gli alberi perché l’obiettivo da raggiungere non era il colorare, ma la concezione delle stagioni e il saperle riconoscere in base al paesaggio che ci troviamo davanti.
Ho preso una bambola a forma di fatina e ho cercato di animarla.
Fata: “Ciao, come ti chiami?”
Alberto: “Alberto”
F: “Io mi chiamo Aurora e sono un po’ preoccupata perché la fata delle stagioni si è ammalata ed io devo completare questi quadri e non so come fare, mi vuoi aiutare?”
A: “Si”
Alberto sceglie un albero: l’albero dell’inverno e me lo mostra
F: “Mi ha detto la fata delle stagioni che l’albero dell’inverno va messo nel quadro con la neve, gli alberi spogli…secondo te in quale di questi quadri lo devo mettere?”
Alberto indica, con il tubetto della colla, il quadro dell’estate
F: “Sei scuro? Qua ci sono gli alberi pieni di frutti, il sole..”
Alberto indica quello della primavera.
F: “Qua, invece ci sono gli alberi pieni di fiori….guarda un po’ questo quadro, ci sono gli alberi spogli con la neve…che ne dici sarà questo l’inverno? Proviamo a metterlo qua?”
A: “Si”
F: “Bene proviamo qua”
Alberto mette la colla ed incolla.
Io: “Mettiamo la colla così la fata delle stagioni, quando guarisce è contenta!”
Alberto prende l’albero dell’estate.
F: “Che albero è questo?” non risponde “Fammi un po’ vedere…ah ci sono tutti i frutti allora è l’albero dell’estate.. dove lo mettiamo?”
A: “Qui” indica il quadro dell’estate perché ha notato che anche gli altri alberi del disegno hanno i frutti
F: “MI sa che va proprio qui, vedi ci sono gli alberi pieni di frutti, il sole bello giallo e cuocente…in estate fa caldo…”
Alberto mette la colla ed incolla l’albero. Poi prende l’albero della primavera e dice: “I fiori” quindi indica il quadro rimasto.
F: “E’ si, mi sa che va proprio li ne quadro della primavera…vedi sugli alberi ci sono i fiori, le foglie…il sole inizia a riscaldare…
Finito il lavoro la fata ringrazia ed io ripercorro le cose fatte prendendo i vari quadri e illustrando le caratteristiche di ogni stagione.
Mettiamo i quadri nel raccoglitore, senza un ordine preciso, uno per ogni busta/cornice e poi le tolgo dal raccoglitore e le metto sul tavolo; prendiamo anche l’autunno che aveva già completato a scuola.
Metto le varie buste in ordine, a partire dall’autunno, la stagione in cui ci troviamo, illustrando (narrando) ancora le caratteristiche di ognuno.
Dopo prendo l’autunno e lo sistemo vicino all’estate e dico: “adesso siamo in autunno perché se guardi fuori ci sono tutte le foglie che cadono dagli alberi, poi arriva l’inverno, quando tutte le foglie sono cadute e gli alberi rimangono spogli (faccio scorrere le buste e sposto l’inverno vicino all’autunno); quindi le foglie rinascono, nascono i fiori e arriva la primavera (faccio scorrere le buste e sposto quella della primavera vicino a quella dell’invero)…..è come una giostra che gira, gira e non si ferma mai.”

AUTUNNO INVERNO PRIMAVERA ESTATE

INVERNO PRIMAVERA ESTATE AUTUNNO

PRIMAVERA ESTATE AUTUNNO INVERNO

ESTATE AUTUNNO INVERNO PRIMAVERA

AUTUNNO INVERNO PRIMAVERA ESTATE

Io: “Abbiamo fatto tutto il giro e poi si ricomincia da capo”
A: “No”
Allora mettiamole nel raccoglitore le varie buste; io continuo a narrare e Alberto mi dice i nomi delle stagioni corrispondenti all’ambiente che sto narrando.

Contenuti:

• concetto: gli elementi dell’ambiente rimangono gli stessi (alberi, colline, spazi aperti…), ma cambiano aspetto a causa del susseguirsi delle stagioni
• orientamento nel tempo e nello spazio: mi guardo intorno e, osservando l’aspetto delle cose che mi circondano, capisco in quale stagione mi trovo
• gioco delle buste/cornici: le stagioni si susseguono l’una dopo l’altra, come in una giostra che non si ferma mai, conservando sempre lo stesso ordine e scandendo la vita dei vari elementi della natura per cui, se mi rendo conto di trovarmi in primavera, mi posso aspettare di trovare i fiori nei campi, le foglie sugli alberi….

3 novembre 2009, il Professor Cuomo e la dottoressa Imola scrivono:

Gentilissima signora,
vanno molto bene i suoi adattamenti didattici e l'uso delle cartelle del Raccoglitore.
Se lei lo ritiene opportuno, in relazione alle quattro stagioni, nel film Bambi è possibile ritagliare le situazioni contestuali naturali delle quattro stagioni. Lei potrebbe sintetizzare (se lo ritiene molto ampio per Alberto) il film solo facendo riferimento alle quattro stagioni.
Con Alberto (facendo lei la voce narrante e/o pilotandolo) fargli seguire le trasformazioni che nel fil si notano in modo molto evidente facendo riferimento ai disegni da lei fatti con il bambino.
Buon lavoro
Alice Imola
Nicola Cuomo

4 novembre 2009, la mamma di Alberto invia gli appunti di ottobre:

16/10/09

Ho coinvolto Alberto nella preparazione delle patate lesse. All’inizio ho preso il pelapatate e ho iniziato a pelare una patata; Alberto mi ha guardata e poi ha provato, ma la cosa non lo ha entusiasmato, poiché non riusciva molto bene. Allora gli ho detto: “Questo pelapatate non funziona molto! Sai cosa facciamo? Prendiamo un coltello ciascuno, così, io pelo le patate e tu le affetti e le metti nella pentola!”
Mentre lavoravamo, ho indicato le varie fasi: “Io le pelo, tu le tagli e le metti in pentola; poi si mette l’acqua nella pentola e si mette sul fuoco”.
Quando abbiamo terminato di preparare le patate, Alberto, di sua spontanea volontà, ha preso la pentola e l’ha riempita d’acqua; quindi, facendosi aiutare, perché era pesante, l’ha messa sul fuoco.
Aspettando che l’acqua iniziasse a bollire, io sono andata al computer per terminare un lavoro, mentre lui è andato a vedere il fratello che giocava alla Play Station. Poi è venuto da me, è tornato in cucina a prendere una banana ed è venuto ancora da me dicendomi: “Bolle l’acqua”
Io però ho capito: “Voglio l’acqua” e ho risposto che poteva prenderla. Allora lui non si è arreso e mi ha detto di nuovo: “Bolle l’acqua”
Questa volta ho capito, mi sono alzata, sono andata in cucina, ho abbassato la fiamma e l’ho ringraziato: “Grazie Alberto, per fortuna che c’eri tu!”

19/10/09

Di solito, quando mio figlio N. gioca alla Play Station, Alberto prende una sedia dalla cucina, la porta in sala, si siede e gioca. Ieri sera, N. ha giocato un po’, poi ha messo il gioco in pausa ed è venuto a tavola per la cena. Alberto ha guardato per un po’ il fratello giocare e poi mi ha aiutato ha preparare la tavola. Dopo cena, N. è tornato in sala per riprendere il gioco, ma senza portarsi dietro la sedia. Alberto ha notato questo particolare e, spontaneamente, ha preso la sedia e l’ha portata al fratello. Era felice di aver potuto essere utile a suo fratello e, porgendogli la sedia, gli ha detto: “Tieni tato” con voce soddisfatta.

20/10/09

Alberto si è allacciato la cerniera della maglia da solo!

Stamattina è venuta Silvia e, prima di iniziare a lavorare, ho detto ad Alberto che dopo saremmo andati a prendere il pane. “Anche la pizza?” ha detto lui “Si, anche la pizza” ho risposto. La lezione è terminata, Silvia è andata via ed io, impegnata nel lavoro, ho continuato a fare le mie cose. Ad un certo punto, Alberto ma ha detto: “Andiamo a prendere il pane?”
Io: “Hai ragione! Me ne ero completamente dimenticata! Meno male che ci sei tu che mi ricordi le cose!”
Alberto era tutto contento.

21/10/09

Da pochi mesi abbiamo il forno a microonde. Fino a qualche giorno fa, l’ho usato soltanto per scaldare le pietanze. Poi ho provato ad usare la funzione grill per arrostire il pane. Operazioni da fare: ruotare la manopola sul simbolo del grill ed impostare il tempo con una seconda manopola.
Per scaldare una pietanza, invece, si deve mettere la prima manopola sul simbolo relativo e poi impostare il tempo con l’altra.
Ho usato il grill in occasione della merenda per fare le bruschette. Alberto era con me e osservava. Anche oggi abbiamo fatto la bruschetta a merenda e, invece di riportare la manopola sulla funzione “Riscalda pietanze”, come faccio di solito, l’ho dimenticata sulla funzione “grill”.
A cena si doveva riscaldare un po’ di pasta avanzata a pranzo. Allora Alberto, al quale piace molto usare il microonde (si accende la luce, i piatti girano, suona quando il tempo scade…), ha inserito il piatto, ha chiuso lo sportello e, spontaneamente, ha spostato la manopola dal grill alla funzione “riscalda”!

22/10/09

Per fare la spesa uso delle borse di plastica e una borsa termica per i surgelati. Le tengo sempre nella bauliera della mia macchina. Ieri siamo andati a fare la spesa e queste borse sono rimaste in cucina. Stamattina, quando ho portato Alberto a scuola, ho preso le borse e mi sono diretta alla macchina insieme a lui, che aveva le chiavi. Vedendomi con le borse della spesa, ha intuito che le volessi rimettere a posto per cui mi ha aperto la bauliera di sua spontanea volontà!

5 novembre 2009, il professor Cuomo e la dottoressa Imola rispondono:

Gentilissima signora,
queste sue ultime annotazioni vanno a confermare molte ipotesi che vanno a fondare i principi su "il filo di Arianna". La dimensione che lei determina intorno ad Alberto è cambiata radicalmente e da diffetologica è diventata rilevatrice di competenze.
Una modalità la sua che come lei stessa vede le sta diventando naturale.
Una naturalità che scaturisce dalle nuove chiavi concettuali e paradigmi che lei utilizza sia nel valutare le situazioni che nel considerare le relazioni, sia nell'approntare l'organizzazione dei contesti che nel generare percorsi agiti positivi e generativi di nuove competenze.
Di fatti il fatto che lei abbia attribuito al pela patate la non funzionalità ha permesso ad Alberto di trovare un'altra possibilità di collaborare in maniera più precisa, efficace ed attiva.
Se ci pensiamo bene era proprio il pela patate che non funzionava perchè essendo un attrezzo pensato per chi possiede già competenze è facilitante per questi. Il fatto che lei ha dato ad Alberto un'altra responsabilità nel lavoro lo ha fatto esercitare in un'attività in cui lui era più capace e nello stesso tempo ha fornito lo spazio temporale e l'occasione sia materiale che di osservazione per permettere al bambino, guardando, osservando in maniera attiva come la mamma usa il pelapatate, attiva in quanto il suo lavoro con quello di suo figlio erano complementari per scoprire nuove modalità e competenze per raggiungere lo stesso obiettivo. Quello che si sta realizzando intorno ad Alberto sono situazioni relazionali insieme a un contesto, delle atmosfere, che cooperano in sinergia. In tale dimensione anche gli errori diventano occasioni per imparare e per superare la non capacità, la non competenza e gli errori eventuali si trasformano in scoperte; scoperte di quante cose io Alberto, con l'aiuto degli altri e gli altri con il mio aiuto, possono fare, imparare. Il clima che siamo riusciti a realizzare è quello di una fiducia in se stessi e negli altri. Una fiducia che è il filo di Arianna che mi permette di rimanere nel percorso concordato perchè quel percorso ha forti impronte affettive. Tali impronte affettive mi orientano e mi fanno permanere nel percorso come se fossero tanti fili di Arianna. Ora non ho più paura di perdermi nel labirinto. Come avete potuto osservare e come ci riporta nelle sue osservazioni l'ansia non c'è più quando riusciamo a fornire ad Alberto il filo di Arianna. Ciò ci porta a ridefinire gli stati di ansia dei bambini con X fragile in quanto sono dipendenti dalla paura di perdersi. Tale riconsiderazione di questi stati di ansia vanno a relativizzare la facile etichetta che, dal mio punto di vista si affibbiava a bambini e a persone con X fragile. Il perdersi, il confondersi, l'avere timore, il non sapere chiaramente in quel momento dove ci si trova dovranno essere le nuove angolature per poter chiarire quello che si definiva "ansia".
Di questo ne parleremo con Albertini e Biondi negli incontri multidisciplinari, Quello che sta emergendo nei confronti permanenti tra famiglie e operatori e noi del tutoraggio scientifico in ambito di Pedagogia Speciale è che l'impadronirsi delle strategie da parte delle famiglie e degli operatori di come gestire la relazione e i progetti educativo didattici comporta uno scomparire di quegli stati definiti quali "ansia". Chiediamo anche a lei di mantenere l'attenzione nel rapporto tra corretto percorso educativo e manifestazioni che richiamano gli stati di ansia.

Cordiali saluti Nicola Cuomo
Alice Imola

6 novembre 2009, la mamma di Alberto scrive:

Buongiorno, sono d'accordo sul fatto che la conquista di una maggiore fiducia in se stessi e negli altri, oltre che ad una maggiore consapevolezza di ciò che gli accade intorno, hanno permesso ad Alberto di superare quei momenti di ansia che, in passato, limitavano il suo agire.
A tal proposito allego altri appunti relativi a questi ultimi giorni:

-Lo scorso martedì sono andata dal medico per prendere il vaccino antinfluenzale. Eravamo in sala di aspetto, una stanza a vetri, e, ad un certo punto, Alberto, appena uscito da scuola (giorno con il tempo lungo), mi ha chiesto di andare fuori a giocare. Infatti, lì vicino c'è il giardino pubblico con l'altalena e lo scivolo. Io ho risposto di si e lui è andato da solo tutto tranquillo. Si è avvicinato all'altalena e ha osservato i bambini che dondolavano; in seguito ha scambiato qualche parola con loro, li ha raggiunti quando si sono spostati a sedere sul muretto che delimita il giardino...ha interagito con loro serenamente!
Quando è entrata la persona che mi precedeva, l'ho chiamato perchè non mi sono fidata a lasciarlo da solo lì fuori con dei ragazzi più grandi che non conoscevo. Lui è venuto e si è messo ad aspettare. Dopo un pò, visto che la persona entrata in ambulatorio si tratteneva molto, mi ha chiesto di poter uscire ancora, ma io gli ho spiegato che era meglio aspettare perchè da un momento all'altro saremmo dovuti entrare.

Altre volte è capitato di trovarsi in luoghi in cui erano presenti dei bambini che giocavano, ma solo in quest'ultimo periodo Alberto ha mostrato interesse per loro e, soprattutto, ha preso l'iniziativa di avvicinarli, chiedere loro alcune cose,... ha desiderato giocare con loro!

- Mentre aspettavamo, mi ha chiesto che cosa dovessi fare ed io gli ho spiegato che avrei dovuto prendere una puntura nel braccio. Sentendo questo, Alberto, in un primo momento, non voleva entrare con me, poi gli ho spiegato che lui mi avrebbe solo guardata, perchè la puntura l'avrei presa io. Allora ha ripetuto più volte: "La prendi tu la puntura, io ti guardo"
In seguito siamo entrati e ho preso la puntura. Appena fatto, mi ha dato un bacino sul braccio dicendomi: "Ti do un bacino, così passa prima"

- Ieri è toccato a lui fare il vaccino. Io gli ho spiegato che avrebbe dovuto fare una punturina nel braccio così come avevo fatto io e che, dopo, gli avrei dato un bacino come aveva fatto lui con me. Da non crederci!
E’ venuto dalla pediatra tutto tranquillo e, quando è entrato, le ha detto che avrebbe dovuto fare una punturina nel braccio. Poi si è seduto, si è scoperto il braccio e lo ha mostrato alla dottoressa, in attesa della puntura. La pediatra era titubante, perché aveva paura che si sarebbe agitato per cui ha chiesto, guardandomi: “La facciamo nel braccio o nel sederino?”
Alberto ha risposto, tutto sicuro: “Nel braccio”
Io l’ho visto così tranquillo e sicuro di sé che l’ho lasciato fare, mi sono solo messa vicino a lui.
Alberto ha preso la puntura ed io gli ho dato un bacio sul braccio.
Poi si è sistemato la maglia e ha ringraziato la pediatra per avergli fatto la puntura!
Lei non credeva a ciò che stava accadendo e gli ha fatto un sacco di complimenti!

Secondo me, l’avermi visto prendere il vaccino, lo ha rassicurato, gli ha fornito il filo di Arianna che lo ha aiutato ad orientarsi nel labirinto.
Lui sapeva perfettamente ciò che lo aspettava per cui non ha avuto paura.

6 novembre 2009, il professor Cuomo risponde:

Gentilissima signora,
i nostri bambini e ragazzi stanno rispondendo in maniera estremamente adeguata confermando la validità delle ipotesi di lavoro della ricerca. Ciò che emerge anche parallelamente è l'assenza di ansia nel momento in cui i nostri interventi sono adeguati.
Farò circolare le sue riflessioni tra tutte le famiglie della ricerca e gli operatori proprio perchè per la loro semplicità sono lapalissiani rispetto al comprovare l'adeguatezza del lavoro che stiamo svolgendo congiuntamente.
Distinti saluti
Nicola Cuomo

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